AGGIORNATO al 15/01/2009
a cura di Bruno Isaia
ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 29 agosto 2008
LEGGE 14 luglio 2008, n. 123: Conversione in legge con modificazioni del D.L. n.90 (GU n. 165 del 16-7-2008 )
COMMISSIONE PARLAMENTARE
D'INCHIESTA
sul ciclo
dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse
sito COMMISSIONE 1997-98
sito COMMISSIONE XIV legislatura
sito COMMISSIONE XV legislatura
bozza del 27/02/2008 della Relazione finale (pag. 371 - PDF 4,8 MB)
Relazione finale (pag. 304 - PDF 3,42 MB) del 27/02/2008
Sito del sottosegretario Bertolaso per l'emergenza rifiuti in Campania
COMMISSARIATO di GOVERNO EMERGENZA RIFIUTI CAMPANIA
Sito realizzato dall'Uff. Informatico del Commissariato di Governo Emergenza Rifiuti (O.P.C.M. 3653/08 - prefetto Goffredo Sottile): www.cgrcampania.com.
Sito del prefetto De Gennaro e del Gen. Giannini (O.P.C.M. 3639/08): http://www.cgrcampania.it/home.html.
(dal sito www.cgrcampania.it i file inerenti lo Studio di Impatto Ambientale della Discarica di Savignano)
Adeguamento Piano Regionale Rifiuti - Marzo 2006
Osservazioni alla Bozza del Piano Rifiuti (PDF 20,6 MB)
PIANO REGIONALE RIFIUTI della Regione CAMPANIA (PDF 3,73 MB)
Dichiarazione di Sintesi (PDF 2,24 MB)
Piano per la R.D. del Comune di Napoli (febbraio 2008)
Estratto dal PIANO REGIONALE RIFIUTI URBANI DELLA REGIONE CAMPANIA - 08/10/2007
2.1 NORMATIVA COMUNITARIA
Strategia sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti
Comunicazione della Commissione, del 21 dicembre 2005, intitolata: "Portare avanti l'utilizzo sostenibile delle risorse - Una strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti" [COM (2005) 666].
La strategia sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti è una delle sette strategie tematiche previste dal Sesto programma d'azione per l'ambiente adottato nel 2002.
Essa stabilisce gli orientamenti dell'azione dell'Unione europea e descrive i mezzi che permettono di migliorare la gestione dei rifiuti.
La strategia è volta alla riduzione degli impatti ambientali negativi generati dai rifiuti lungo il corso della loro esistenza, dalla produzione fino allo smaltimento, passando per il riciclaggio.
Tale approccio permette di considerare i rifiuti non solo come una fonte d'inquinamento da ridurre ma anche come una potenziale risorsa da sfruttare.
Restano validi gli obiettivi della normativa comunitaria già fissati prima dell'adozione della strategia:
limitazione dei rifiuti;
promozione del loro riutilizzo, del loro riciclaggio e del loro recupero.
Tali obiettivi sono parte integrante dell'approccio basato sull'impatto ambientale e sul ciclo di vita delle risorse.
Questa strategia vuole creare nuove possibilità di gestione dei rifiuti tese a diminuire le quantità smaltite nelle discariche, a recuperare una maggiore quantità di compost ed energia dai rifiuti e a migliorare quantitativamente e qualitativamente il riciclaggio. I principali benefici previsti, data l'importanza che tale strategia riserva all'impatto ambientale, sono una maggiore efficacia e un migliore rapporto costo-efficacia, una diminuzione dei costi e degli ostacoli alle attività di riciclaggio e una riduzione dell'inquinamento provocato dai rifiuti, in particolare le emissioni di gas a effetto serra.
Miglioramento del quadro legislativo generale
La strategia prevede la semplificazione della legislazione in vigore. Ciò avviene in particolare attraverso la fusione della direttiva quadro sui rifiuti con la direttiva sui rifiuti pericolosi e quella sugli oli usati, attraverso l'eliminazione delle sovrapposizioni tra la direttiva quadro sui rifiuti e la direttiva IPPC (per quanto riguarda, ad esempio, il rilascio delle autorizzazioni), nonché attraverso il consolidamento delle tre direttive sui rifiuti provenienti dall'industria del biossido di titanio.
Prevenzione dell'impatto negativo dei rifiuti
La strategia prevede di limitare la produzione di rifiuti, ma non fissa obiettivi globali quantificati in materia poiché questi ultimi non comportano necessariamente un miglioramento a livello ambientale. Infatti, alcune tecniche che permettono un'importante riduzione del volume di rifiuti si rivelano più inquinanti rispetto ad altre.
La strategia che mira a prevenire la produzione di rifiuti verte principalmente sulla riduzione dell'impatto ambientale dei rifiuti e dei prodotti destinati a diventare rifiuti. Per essere efficace, tale diminuzione d'impatto deve essere applicata all'intero ciclo di vita delle risorse. Un fattore importante per la riuscita di tale strategia è quindi l'applicazione degli strumenti istituiti nel quadro della normativa comunitaria in vigore, come la diffusione delle migliori tecniche disponibili o l'ecoprogettazione dei prodotti.
La strategia offre inoltre un quadro coordinato per la realizzazione di azioni nazionali specifiche. La nuova proposta di direttiva quadro sui rifiuti prevede infatti l'obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi volti a prevenire la produzione di rifiuti che comprendano obiettivi specifici di prevenzione da attuare al livello più appropriato e che siano accessibili al pubblico.
Tale approccio basato sul ciclo di vita dei prodotti e dei rifiuti implica che si migliorino le conoscenze sull'impatto che l'utilizzo delle risorse provoca in termini di produzione e gestione dei rifiuti, e che si utilizzino in modo più sistematico le proiezioni e i modelli.
Tale approccio è complementare rispetto a quello contenuto nella direttiva IPPC sulla politica integrata dei prodotti e alla strategia per l'uso delle risorse naturali . Un approccio di questo tipo permette di ridurre le pressioni ambientali (esaurimento ed inquinamento) in ogni fase del ciclo di vita delle risorse, che comprende la produzione o la raccolta, l'utilizzo e lo smaltimento.
Promozione del riciclaggio dei rifiuti
La strategia prevede di incoraggiare il settore del riciclaggio al fine di reintrodurre i rifiuti nel ciclo economico sotto forma di prodotti di qualità minimizzando, nel contempo, l'impatto ambientale negativo di tale reintroduzione.
Potrebbero inoltre essere stabiliti, ai livelli appropriati, degli obiettivi quantificati che tengano conto delle caratteristiche e delle possibilità concrete di riciclaggio di ogni materiale.
La strategia prevede ulteriori misure, come lo scambio di informazioni sulle tasse nazionali di smaltimento in discarica o, in seguito, misure basate sulla natura del materiale e, eventualmente, misure volte ad integrare i meccanismi di mercato qualora questi non riescano a garantire lo sviluppo del riciclaggio.
La strategia attribuisce un'importanza particolare ai rifiuti biodegradabili, per i due terzi dei quali la direttiva 1999/31/CE prevede modi di trattamento diversi rispetto allo smaltimento in discarica. La strategia prevede, in particolare, l'adozione di linee guida da parte della Commissione, l'adozione di strategie di gestione da parte degli Stati membri e l'integrazione di tale aspetto nella revisione della direttiva IPPC e della direttiva sull'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura.
Risoluzione del Consiglio del 24 febbraio 1997 sulla strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti
Il Consiglio dell'Unione europea, in relazione ai contenuti del Quinto programma di azione per l'ambiente del 1992 e della normativa in vigore ritiene che, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, la politica comunitaria in materia di gestione dei rifiuti dovrebbe:
essere guidata dalla necessità di un livello elevato di protezione ambientale;
tenere conto dei vantaggi potenziali e dei costi dell'azione o dell'inazione.
Il Consiglio sottolinea la necessità di promuovere il recupero dei rifiuti al fine di ridurre il quantitativo dei rifiuti destinati allo smaltimento e risparmiare risorse naturali, in particolare mediante reimpiego, riciclo, compostaggio e recupero dell'energia dai rifiuti.
Sul versante della riduzione della produzione di rifiuti, il Consiglio ribadisce la propria convinzione che la prevenzione dei rifiuti debba figurare come priorità assoluta in qualsiasi politica razionale sui rifiuti. A tal fine si dovrebbe tenere conto delle ricadute sulla gestione dei rifiuti che derivano dalla fase di progettazione di un prodotto. Per tale ragione sollecita la Commissione di promuovere lo sviluppo e l'applicazione di analisi dei cicli di vita e di ecobilanci.
Il Consiglio chiede alla Commissione e agli Stati membri di promuovere sistemi di restituzione, raccolta e recupero e di intraprendere azioni concrete onde promuovere mercati per i prodotti riciclati che siano conformi ai requisiti comunitari.
Il Consiglio auspica il ricorso ad un'ampia serie di strumenti, compresi quelli economici, al fine di conseguire gli obiettivi in materia di politica sui rifiuti nel modo più coerente possibile.
Per ciò che concerne la gestione e la pianificazione dei rifiuti, riconosce la necessità di stabilire un'opportuna rete integrata di impianti di smaltimento, come previsto dalla direttiva 91/156/CEE e sottolinea l'importanza di un'adeguata pianificazione della gestione dei rifiuti a tutti i competenti livelli, inclusi quello locale e regionale.
Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti
Il 21 dicembre 2005 è stata presentata una proposta di Direttiva relativa ai rifiuti attraverso la quale si vuole ottimizzare nel complesso le disposizioni della direttiva 75/442/CEE.
Tale Direttiva intende procedere alla revisione della direttiva quadro sui rifiuti e abrogare la direttiva 91/689/CEE, integrandone le disposizioni nella nuova direttiva quadro, e la direttiva 75/439/CEE, incorporando nel contempo l’obbligo specifico di raccolta degli oli usati.
Questi gli obiettivi prioritari della proposta di Direttiva:
concentrare l’attenzione sugli impatti ambientali derivanti dalla produzione e dalla gestione dei rifiuti, tenendo conto del ciclo di vita delle risorse;
favorire la semplificazione della legislazione, delle procedure amministrative applicabili alle pubbliche autorità (comunitarie o nazionali) e delle procedure amministrative che interessano i privati.
Le principali modifiche apportate alla direttiva quadro sui rifiuti si possono così riassumere:
introduzione di un obiettivo ambientale;
chiarimento dei concetti di “recupero” e “smaltimento”;
chiarimento delle condizioni per la miscelazione di rifiuti pericolosi;
introduzione, per determinati flussi di rifiuti, di una procedura per chiarire quando un rifiuto cessa di essere tale;
introduzione di norme minime o di una procedura per definire norme minime per una serie di operazioni di gestione dei rifiuti;
introduzione dell’obbligo di predisporre programmi nazionali di prevenzione dei rifiuti;
introduzione di una procedura che consenta di definire i criteri per stabilire quando un rifiuto cessa di essere tale, semplificando così gli adempimenti per i prodotti o i materiali riciclati che presentano un rischio ridotto per l’ambiente;
precisazione dei possibili margini di sovrapposizione tra la direttiva quadro sui rifiuti e la direttiva IPPC in materia di rilascio delle autorizzazioni, per ridurre il rischio che a livello nazionale sia richiesta una doppia autorizzazione;
introduzione della definizione di “riciclaggio”, per precisare la portata di questa nozione.
modifica della definizione di “raccolta” per chiarire che si tratta dell’atto di prelevare e radunare i rifiuti al fine di trasportarli nell’apposito impianto di trattamento;
introduzione di una nuova definizione di “recupero”, che conferma che la base di questa definizione è la sostituzione delle risorse;
introduzione dell’obbligo generale di garantire che i rifiuti siano gestiti in modo tale da non rappresentare un pericolo per l’ambiente o per la salute umana;
cessazione dell’obbligo per gli stabilimenti o le imprese che già dispongono di un’autorizzazione IPPC di richiedere anche di un’autorizzazione a norma della direttiva quadro sui rifiuti.
introduzione di specifiche disposizioni in materia di prevenzione dei rifiuti, che impongono agli Stati membri di predisporre programmi di prevenzione e stabilire le condizioni per l’elaborazione dei programmi.
Direttiva 2006/12/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006 relativa ai rifiuti (Direttiva “Rifiuti”).
Le misure previste dalla Direttiva “Rifiuti”, entrata in vigore il 17 maggio 2006 che codifica e sostituisce la direttiva 75/442/CEE e le sue successive modifiche, si applicano a qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'obbligo di disfarsi secondo le disposizioni nazionali degli Stati membri. Esse non si applicano agli effluenti gassosi e neppure ai rifiuti radioattivi, ai rifiuti minerali, alle carogne di animali e ai rifiuti agricoli, alle acque di scarico e ai materiali esplosivi in disuso ove questi diversi tipi di rifiuti siano soggetti a specifiche regolamentazioni comunitarie.
La direttiva sottolinea, tra le altre cose, che una disparità tra la legislazione degli Stati membri in materia di smaltimento e di recupero dei rifiuti può incidere sulla qualità dell’ ambiente e il buon funzionamento del mercato interno.
Pertanto, ogni regolamento in materia di gestione dei rifiuti deve essenzialmente mirare alla protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti.
Questi gli obiettivi prioritari che la Direttiva chiede di raggiungere agli Stati membri:
1. adottare misure appropriate per promuovere:
a) in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, in particolare mediante:
lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un maggiore risparmio di risorse naturali;
la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere recuperati;
b) in secondo luogo:
il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo od ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie; o
l'uso di rifiuti come fonte di energia.
2. assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e in particolare:
a) senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori od odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
3. vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti;
4. creare una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione che non comportino costi eccessivi.
Direttiva 2002/96/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 gennaio 2003 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Direttiva “RAEE”).
La Direttiva 2002/96/CE, anche nota come RAEE, è volta a prevenire e limitare il flusso di rifiuti di apparecchiature destinati alle discariche, attraverso politiche di riuso e riciclaggio degli apparecchi e dei loro componenti. La direttiva applica il concetto della Responsabilità estesa del produttore (chi inquina paga).
Difatti i produttori avranno l'obbligo di provvedere al finanziamento delle operazioni di raccolta, stoccaggio, trasporto, recupero, riciclaggio e corretto smaltimento delle proprie apparecchiature una volta giunte a fine vita. Tale responsabilità finanziaria sarà di tipo individuale per i prodotti immessi sul mercato dopo l'entrata in vigore della direttiva (13 Agosto 2005) e collettiva per i prodotti immessi prima di tale data.
Tale direttiva RAEE, in vigore a partire dal 31 dicembre 2006, introduce il principio del “vuoto a rendere” per la spazzatura dei rifiuti elettronici, ossia del ritiro gratuito da parte del negoziante delle vecchie apparecchiature con componentistica elettronica al momento dell'acquisto delle nuove. Inoltre per i produttori, impone l’obbligo di finanziare sistemi di trasporto, trattamento, recupero e smaltimento finale dei rifiuti elettronici pena l’attribuzione di pesanti sanzioni amministrative fino a 100.000 euro.
La Direttiva sui RAEE si pone come obiettivi principali:
prevenire la produzione di rifiuti da metalli pesanti e ritardanti di fiamma;
promuovere il reimpiego, il riciclo e altre forme di recupero dei RAEE, in modo da ridurne la quantità da avviare allo smaltimento;
sensibilizzare, sotto il profilo ambientale, i soggetti che partecipano al ciclo di vita di queste apparecchiature (produttori, distributori, consumatori e tutti gli operatori direttamente coinvolti nel trattamento dei RAEE);
favorire il massimo reimpiego/recupero possibile delle apparecchiature elettriche ed elettroniche esauste;
prevenire alla fonte la produzione di rifiuti attraverso una progettazione ecocompatibile delle nuove apparecchiature;
ridurre l'uso di sostanze nocive nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche al fine di minimizzare gli impatti ambientali;
garantire il recupero di 4 Kg annui/procapite di RAEE provenienti da nuclei domestici, da raggiungere entro dicembre 2006;
porre il divieto di collocazione dei RAEE in discarica e l’obbligo di raccolta differenziata;
realizzare sistemi di trattamento, recupero e smaltimento finale di questi rifiuti finanziati essenzialmente dai produttori delle apparecchiature;
marchiare tutte le apparecchiature con un simbolo che indichi ai cittadini la necessità della raccolta differenziata.
Linee guida e scadenze critiche:
Dal 13 agosto 2005:
I privati cittadini potranno conferire gratuitamente i RAEE alle imprese preposte alla raccolta; i produttori si faranno economicamente carico della raccolta, trattamento, recupero e smaltimento di questi RAEE.
I produttori saranno individualmente responsabili di finanziare la futura gestione dei RAEE derivanti dai componenti che saranno immessi nel mercato dopo il 13 agosto 2005.
I produttori avranno, anche, la responsabilità di finanziare la gestione dei RAEE, derivanti dai loro prodotti, che hanno messo sul mercato prima del 13 agosto 2005.
Dal 31 dicembre 2006:
I produttori saranno tenuti a raggiungere gli obiettivi nazionali di riciclo e recupero.
Direttiva 2003/108/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'8 dicembre 2003 che modifica la direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
La direttiva 2003/108/CE rivede l'articolo 9 "Finanziamento relativo ai RAEE provenienti da utenti diversi dai nuclei domestici", della Direttiva 2002/96/CE.
La direttiva conferma la responsabilità del produttore per la gestione delle apparecchiature non provenienti dai nuclei domestici, immesse sul mercato dopo il 13 agosto 2005, pur lasciando la possibilità al fabbricante ed all'utilizzatore di concludere accordi stipulando altri metodi di finanziamento.
Per i prodotti immessi sul mercato prima del 13 Agosto 2005, invece, la proposta rende in parte o in toto, a discrezione degli Stati Membri, responsabile il detentore, quando non vi sia l’acquisto contestuale di un nuovo prodotto equivalente.
Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 settembre 2000 relativa ai veicoli fuori uso.
Secondo tale direttiva si considera un veicolo fuori uso un veicolo che costituisce un rifiuto ai sensi della definizione data dalla direttiva 75/442/CEE.
Nel campo di applicazione della direttiva rientrano quindi:
tutti i veicoli fuori uso appartenenti alla categoria M1 o N1 (definita all'allegato II, parte A della direttiva 70/156/CEE );
i veicoli a motore a due o tre ruote e i loro componenti.
La direttiva istituisce provvedimenti con un duplice scopo: da un lato, evitare i rifiuti dei veicoli a motore e dei loro componenti giunti ormai al termine del ciclo di vita e, dall'altro, incentivare il riutilizzo, il riciclaggio e altre forme di recupero dei veicoli. Tra l'altro, la direttiva si propone di ridurre il quantitativo di sostanze chimiche pericolose contenuto nei veicoli che ne impedisce uno smaltimento e un recupero sicuri.
Lo strumento comunitario prevede inoltre che vengano istituiti sistemi di raccolta per far sì che i veicoli fuori uso vengano smaltiti con efficacia e sicurezza, senza danni per l'ambiente.
La prevenzione dei rifiuti è, quindi, l’obiettivo prioritario della direttiva. A tale scopo essa prevede che i costruttori e i fornitori di materiali e di equipaggiamenti devono:
cercare di ridurre l'uso di sostanze pericolose a livello di progettazione dei veicoli;
progettare e fabbricare veicoli in modo che siano agevoli lo smontaggio, il reimpiego, il recupero e il riciclaggio.
sviluppare l'impiego di materiale riciclato per la costruzione dei veicoli;
provvedere affinché i componenti dei veicoli immessi sul mercato dopo il 1° luglio 2003 non contengano mercurio, cromo esavalente, cadmio e piombo, fatta eccezione per le applicazioni elencate nell'allegato II.
Tale allegato può essere modificato dal Consiglio o dalla Commissione nei casi in cui, grazie ai progressi tecnici o scientifici, è possibile evitare l'impiego di queste sostanze.
Gli Stati membri sono, inoltre, tenuti ad adottare i provvedimenti necessari affinché siano conseguiti dagli operatori economici i seguenti obiettivi:
a) entro il 1° gennaio 2006, per tutti i veicoli fuori uso, la percentuale di reimpiego e recupero sia almeno l'85 % del peso medio per veicolo e anno; entro la stessa data, la percentuale di reimpiego e riciclaggio sia almeno dell'80 % del peso medio per veicolo e anno;
b) Per i veicoli prodotti anteriormente al 1° gennaio 1980, gli Stati membri possono stabilire obiettivi inferiori, ma non al di sotto del 75 % per il reimpiego ed il recupero e non al di sotto del 70 % per il reimpiego e il riciclaggio;
c) entro il 1° gennaio 2015, per tutti i veicoli fuori uso la percentuale di reimpiego e recupero sia almeno il 95 % del peso medio per veicolo e per anno; entro la stessa data la percentuale di reimpiego e riciclaggio sia almeno dell'85 % del peso medio per veicolo e per anno.
Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000 sull'incenerimento dei rifiuti.
L'incenerimento dei rifiuti pericolosi e non pericolosi può comportare emissioni di inquinanti nell'atmosfera, nell'acqua e nel terreno, che provocano danni alla salute umana.
A parte l'incenerimento dei rifiuti urbani non pericolosi, il campo di applicazione della direttiva comprende l'incenerimento dei rifiuti non pericolosi diversi da quelli urbani (come i fanghi di depurazione, i pneumatici e i residui di origine medica) e di rifiuti pericolosi esclusi dalla direttiva 94/67/CE (come gli oli usati e i solventi).
La direttiva è basata su un approccio integrato; ai valori limite aggiornati per le emissioni atmosferiche si aggiungono valori limite per gli scarichi nell'acqua.
Essa si applica non solo agli impianti destinati all'incenerimento dei rifiuti ("impianti di incenerimento specializzati"), ma anche agli impianti di "coincenerimento" (impianti la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali, che utilizzano regolarmente o in via aggiuntiva rifiuti come combustibile e in cui i rifiuti sono sottoposti ad un trattamento termico a fini di smaltimento). Sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva gli impianti sperimentali utilizzati per migliorare il processo di incenerimento che trattano meno di 50 t di rifiuti all'anno e gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti:
rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali o derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione e dalla produzione di carta;
rifiuti di legno;
rifiuti di sughero;
rifiuti radioattivi;
carcasse di animali;
rifiuti derivanti dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e di gas e inceneriti negli impianti offshore
La direttiva prevede l'installazione obbligatoria di sistemi di misura che permettono di tenere sotto controllo i parametri e i limiti di emissione pertinenti. Le emissioni nell'atmosfera e nelle acque sono misurate periodicamente a norma dell'allegato III e dell'articolo 11 della direttiva.
L’obiettivo prioritario che si propone di conseguire la presente direttiva (Articolo 1) è di evitare o di limitare per quanto praticabile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento dovuto alle emissioni nell'atmosfera, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino.
Tale scopo è raggiunto mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità, soddisfacendo altresì le prescrizioni della direttiva 75/442/CEE.
Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (Direttiva “Discariche”)
La direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti ha introdotto una serie di novità che da subito producono effetti rilevanti sulle modalità gestionali di sistemi integrati di gestione rifiuti e sulle modalità di realizzazione e gestione della discarica.
Essa istituisce varie disposizioni dettagliate che le discariche di rifiuti devono rispettare obbligatoriamente.
L'obiettivo è quello di prevenire o attenuare gli effetti negativi che possono essere provocati da siti di discarica inaccettabili, quali, ad esempio, l'inquinamento delle acque di superficie, delle acque sotterranee, del suolo e dell'aria.
La proposta specifica le diverse categorie di rifiuti (rifiuti urbani, pericolosi, non pericolosi e inerti) e si applica a tutte le discariche definite come un'area di smaltimento dei rifiuti adibita al deposito degli stessi sulla o nella terra.
Viene definita una procedura uniforme di ammissione dei rifiuti allo scopo di evitare ogni pericolo:
i rifiuti devono essere trattati prima di essere collocati a discarica;
i rifiuti pericolosi che corrispondono ai criteri della direttiva devono essere destinati ad una discarica per rifiuti pericolosi;
le discariche per rifiuti non pericolosi devono essere utilizzate per i rifiuti urbani e per i rifiuti non pericolosi;
le discariche per rifiuti inerti sono riservate esclusivamente ai rifiuti inerti.
Di seguito sono riportate le principali disposizioni della direttiva che hanno rilevanti implicazioni nella definizione del sistema integrato dei rifiuti urbani e nel PIANO della regione Campania.
I contenuti della direttiva stabiliscono:
Il divieto di inviare a discarica rifiuti che non abbiano subito una qualche forma di trattamento
Dal 16 luglio 2001 è consentito smaltire in discarica esclusivamente le seguenti tipologie:
rifiuti inerti;
rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e di smaltimento di cui ai punti D2, D8, D9, D10 e D111 di cui all’Allegato B del D.Lgs 22/97).
Per il futuro si parlerà di “discarica per rifiuti non pericolosi” che potrà ospitare:
rifiuti urbani;
rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine conformi ai criteri di ammissione fissati dall’allegato II;
rifiuti pericolosi stabili e non reattivi (vetrificati, solidificati, ecc.) conformi ai criteri di ammissione fissati dall’allegato II.
Al fine di ridurre i rifiuti biodegradabili da collocare in discarica, entro il 16 luglio 2001 ogni Stato membro avrebbe dovuto stabilire un strategia nazionale specifica; l’Italia non ha fissato alcuna strategia.
Tale strategia deve prevedere quantomeno che:
entro il 16 luglio 2004 i rifiuti urbani biodegradabili da collocare a discarica devono essere ridotti al 75% del totale (in peso) dei rifiuti urbani biodegradabili prodotti nel 1995;
non oltre il 16 luglio 2007 i rifiuti urbani biodegradabili da collocare a discarica devono essere ridotti al 50% del totale (in peso) dei rifiuti urbani biodegradabili prodotti nel 1995;
non oltre il 16 luglio 2014 i rifiuti urbani biodegradabili da collocare a discarica devono essere ridotti al 35% del totale (in peso) dei rifiuti urbani biodegradabili prodotti nel 1995.
L’articolo 6 stabilisce, in particolare, che:
a) solo i rifiuti trattati vengano collocati a discarica, o quelli il cui trattamento non è tecnicamente possibile, come gli inerti;
b) solo i rifiuti pericolosi che soddisfino i criteri fissati dall’allegato II della direttiva siano destinati a una discarica per rifiuti pericolosi;
c) le discariche per rifiuti non pericolosi possono essere utilizzate per:
i rifiuti di urbani;
i rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine conformi ai criteri di ammissione fissati dall’allegato II;
i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi vetrificati, solidificati, ecc.) conformi ai criteri di ammissione fissati dall’allegato II.
le discariche per rifiuti inerti ricevono esclusivamente rifiuti inerti.
Direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (Direttiva “Imballaggi”).
La direttiva sui rifiuti di imballaggio intende ridurre l'impatto ambientale degli imballaggi e dei loro rifiuti, fissando degli obiettivi quantificati per le operazioni di recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio.
Gli Stati membri devono inoltre istituire sistemi di raccolta, riciclaggio e recupero per questi flussi di rifiuti.
La direttiva si applica a tutti gli imballaggi immessi sul mercato nella Comunità e a tutti i rifiuti d'imballaggio, utilizzati o scartati da industrie, esercizi commerciali, uffici, laboratori, servizi, nuclei domestici e a qualsiasi altro livello, qualunque siano i materiali che li compongono.
Essa prevede che gli Stati membri mettano a punto misure atte a prevenire la formazione dei rifiuti d'imballaggio, che in particolare possono consistere in programmi nazionali, e siano incoraggiati a sviluppare sistemi di riutilizzo degli imballaggi.
Gli Stati membri debbono instaurare sistemi di ritiro, raccolta e recupero dei rifiuti d'imballaggio per raggiungere i seguenti obiettivi quantitativi:
entro il 30 giugno 2001 sarà recuperata o incenerita, presso impianti di incenerimento dei rifiuti con recupero di energia, una quantità compresa fra il 50 e il 65% in peso di rifiuti di imballaggio;
entro il 31 dicembre 2008 sarà recuperato o incenerito, presso impianti di incenerimento dei rifiuti con recupero di energia, un minimo del 60% dei rifiuti di imballaggio;
entro il 30 giugno 2001 sarà riciclata (con un minimo del 15% per ogni materiale di imballaggio) una quantità compresa fra il 25 e il 45% in peso di tutti i materiali di imballaggio contenuti nei rifiuti di imballaggio;
entro il 31 dicembre 2008 sarà riciclata una quantità compresa fra il 55 e l'80% dei rifiuti di imballaggio;
entro il 31 dicembre 2008, per i materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio, dovranno essere raggiunti i seguenti obiettivi: 60% per il vetro, la carta e il cartone; 50% per i metalli; 22,5% per la plastica e 15% per il legno.
Obiettivi generali
1. armonizzare le misure nazionali in materia di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente, per garantire il funzionamento del mercato interno e prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza nella Comunità;
2. prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e favorire il reimpiego degli imballaggi, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio e, quindi, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti.
Direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004 che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio
La direttiva 2004/12/CE, che modifica la direttiva 94/62/CE, prevede, fra l'altro, obiettivi di riutilizzo e di riciclaggio più ambiziosi da raggiungere entro il 31 dicembre 2008 e stabilisce una serie di criteri per chiarire la definizione del termine «imballaggi». Nell'allegato I, in particolare, essa fornisce esempi molto chiari (ossia: non sono considerati imballaggio le bustine da tè mentre sono considerati imballaggi gli involucri che ricoprono le custodie dei CD e le etichette fissate direttamente o attaccate al prodotto). Tale allegato sostituisce l'allegato I della direttiva 94/62/CE.
Obiettivi specifici
Per conformarsi agli obiettivi fissati dalla presente direttiva, gli Stati membri adottano le misure necessarie per realizzare i seguenti obiettivi su tutto il loro territorio:
a) entro il 30 giugno 2001 almeno il 50 % e fino al 65 % in peso dei rifiuti di imballaggio sarà recuperato o sarà incenerito in impianti di incenerimento rifiuti con recupero di energia;
b) entro il 31 dicembre 2008 almeno il 60 % in peso dei rifiuti di imballaggio sarà recuperato o sarà incenerito in impianti di incenerimento rifiuti con recupero di energia;
c) entro il 30 giugno 2001 sarà riciclato almeno il 25 % e fino al 45 % in peso di tutti i materiali di imballaggio contenuti nei rifiuti di imballaggio, con un minimo del 15 % in peso per ciascun materiale di imballaggio;
d) entro il 31 dicembre 2008 sarà riciclato almeno il 55 % e fino all'80 % in peso dei rifiuti di imballaggio;
e) entro il 31 dicembre 2008 saranno raggiunti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio per i materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio:
i) 60 % in peso per il vetro;
ii) 60 % in peso per la carta e il cartone;
iii) 50 % in peso per i metalli;
iv) 22,5 % in peso per la plastica, tenuto conto esclusivamente dei materiali riciclati sotto forma di plastica;
v) 15 % in peso per il legno.
Direttiva 91/689/CEE del Consiglio del 12 dicembre 1991 relativa ai rifiuti pericolosi.
La direttiva sui rifiuti pericolosi istituisce il quadro normativo comunitario per la gestione dei rifiuti pericolosi e in questo integra la direttiva quadro sui rifiuti, che rappresenta invece il contesto normativo generale per tutti i rifiuti, pericolosi o meno. In particolare, fornisce le principali definizioni di concetti quali "rifiuto", "smaltimento" e "recupero". Il concetto di "rifiuto pericoloso" viene definito nella direttiva specifica sui rifiuti pericolosi e questa è, a sua volta, rimanda ad un elenco obbligatorio noto come elenco dei rifiuti pericolosi.
L’Articolo 2 della direttiva stabilisce, in particolare, che gli Stati membri prendano le misure necessarie per:
esigere che in ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica) rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati;
esigere che gli stabilimenti e le imprese che provvedono allo smaltimento, al ricupero, alla raccolta o al trasporto di rifiuti pericolosi non mescolino categorie diverse di rifiuti pericolosi o rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.Raccomandazione del Consiglio 81/972/CEE, del 3 dicembre 1981, concernente il riutilizzo della carta straccia e l’impiego di carta riciclata
La pubblicazione della Raccomandazione del Consiglio 81/972/CEE nasce dalla consapevolezza che la carta straccia costituisce una notevole percentuale dei rifiuti urbani e che essa è tecnicamente ricuperabile, su base selettiva, come preziosa materia prima secondaria per alcune produzioni di carta e cartone oltre che dalla consapevolezza che l'utilizzazione della carta straccia, invece della cellulosa o della pasta di legno, nella fabbricazione di prodotti a base di carta e di cartone consente sostanziali economie di energia e di acqua dolce, produce meno effluenti e dà luogo ad un minore inquinamento atmosferico come pure contribuisce a ridurre il problema dell'eliminazione dei rifiuti.
Questa Raccomandazione invita gli Stati membri e le istituzioni comunitarie a definire ed attuare politiche intese a promuovere l'impiego di carta e cartone riciclati, ed in particolare di:
1 favorire l'impiego di carta e di cartone riciclati e riciclabili, specialmente presso le istituzioni comunitarie e le amministrazioni nazionali, gli enti pubblici e quei servizi statali che possono servire da esempio;
2 favorire, ove possibile, l'impiego di carta e cartone riciclati contenenti un'elevata percentuale di carta straccia mista;
3 riesaminare, alla luce dei recenti progressi tecnologici, le attuali specificazioni per i prodotti a base di carta che, per motivi diversi dall'idoneità del prodotto alla sua funzione, limitano il riutilizzo della carta straccia e l'impiego di carta e cartone riciclati;
4 attuare programmi per l'informazione del consumatore e dei fabbricanti, allo scopo di promuovere i prodotti di carta e cartone ottenuti da carta e cartone riciclati; (1) GU n. C 28 del 9.2.1981, pag. 66. (2) GU n. C 331 del 17.12.1980, pag. 27. (3) GU n. C 139 del 13.6.1977, pag. 1. (4) GU n. L 194 del 25.7.1975, pag. 39.
5 sviluppare e promuovere utilizzazioni della carta straccia diverse dall'utilizzazione come materia prima per la produzione di carta e cartone;
6
incoraggiare l'impiego di prodotti (inchiostri, colle, ecc.) che non impediscano il successivo riciclo delle carte e dei cartoni.Direttiva 87/101/CEE del Consiglio del 22 dicembre 1986 che modifica la direttiva 75/439/CEE concernente l’eliminazione degli oli usati.
La direttiva sugli oli usati intende creare un sistema armonizzato per la raccolta, il trattamento, lo stoccaggio e lo smaltimento degli oli usati, come gli oli lubrificanti per i veicoli, gli oli usati di vari tipi di motori a combustione, dei sistemi di trasmissione e altri.
La direttiva punta inoltre a proteggere l'ambiente dagli effetti dannosi di queste operazioni.
Gli oli usati sono pericolosi perché sono cancerogeni e, se confluiscono in fiumi, laghi e corsi d'acqua, possono mettere in pericolo le forme di vita acquatica e contaminare il suolo.
Il 22 dicembre 1986 è stata emanata la direttiva n. 87/101/CEE la quale ha introdotto una nuova definizione di olio usato stabilendo nuovi obblighi a carico delle imprese dedite al trattamento di tali oli.
La direttiva 75/439/CEE impone agli Stati membri una serie di obblighi:
adottare le misure necessarie per garantire la raccolta e l’eliminazione degli oli usati senza che ne derivino danni evitabili per l’uomo e l’ambiente;
adottare, per quanto consentito dai vincoli di carattere tecnico, economico e organizzativo, le misure necessarie affinché sia data priorità al trattamento degli oli usati mediante rigenerazione;
prendere, qualora non sia possibile procedere alla rigenerazione degli oli usati, i provvedimenti necessari affinché qualsiasi trattamento degli oli usati mediante combustione sia effettuato secondo modalità accettabili dal punto di vista ambientale, conformemente alle disposizioni della presente direttiva, purché tale combustione sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e organizzativo;
prendere, qualora non sia possibile procedere né alla rigenerazione né alla combustione degli oli usati, i provvedimenti necessari per garantire la distruzione innocua o l’immagazzinamento o deposito controllati degli oli usati;
adottare le misure necessarie affinché siano vietati:−
qualsiasi scarico degli oli usati nelle acque interne di superficie, nelle acque sotterranee, nelle acque marine territoriali e nelle canalizzazioni;−
qualsiasi deposito e/o scarico di oli usati che abbiano effetti nocivi per il suolo, come pure qualsiasi scarico incontrollato di residui risultanti dal trattamento degli oli usati;−
qualsiasi trattamento di oli usati che provochi un inquinamento dell’aria superiore al livello fissate dalle disposizioni vigenti.
attuare programmi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di incitamento affinché gli oli usati siano, per quanto possibile, adeguatamente immagazzinati e raccolti.Direttiva 2006/66/CE del 6 settembre 2006 del Parlamento europeo e Consiglio - relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e che abroga la direttiva 91/157/CEE
Dal momento che le pile e gli accumulatori costituiscono una fonte essenziale di energia nella nostra società e la loro affidabilità è fondamentale per la sicurezza di molti prodotti, apparecchi e servizi, questa direttiva nasce dal bisogno di impedire che i rifiuti di pile e accumulatori vengano eliminati in modo nocivo per l'ambiente ed evitare di confondere gli utilizzatori finali circa i diversi obblighi di gestione dei rifiuti per i diversi tipi di pile e accumulatori immessi sul mercato nella Comunità.
Il campo di applicazione di questa direttiva riguarda tutti i tipi di pile e accumulatori indipendentemente dalla forma, dal volume, dal peso dalla composizione materiale o dall'uso cui sono destinati.
La direttiva 2006/66/CE stabilisce:
le norme in materia di immissione sul mercato delle pile e degli accumulatori e, in particolare, il divieto di immettere sul mercato pile e accumulatori contenenti sostanze pericolose;
le norme specifiche per la raccolta, il trattamento, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti di pile e accumulatori, destinate a integrare la pertinente normativa comunitaria sui rifiuti e a promuovere un elevato livello di raccolta e di riciclaggio di pile e accumulatori.Tra gli obiettivi previsti dalla direttiva ci sono norme che regolamentano l'immissione sul mercato delle pile e accumulatori e norme specifiche per la loro raccolta, trattamento, riciclaggio e smaltimento ad integrazione della normativa comunitaria esistente.
È vietata l'immissione sul mercato di pile contenenti più di 0.0005% di Hg (Mercurio) e 0.002% di Cd (Cadmio) in peso.
Tale promozione tende a ridurre al minimo lo smaltimento dei rifiuti di pile e accumulatori come rifiuti urbani misti, a tale fine vengono predisposti adeguati sistemi di raccolta di rifiuti di pile e accumulatori portatili.
Tali sistemi consentono agli utilizzatori finali di disfarsi dei rifiuti in punti di raccolta facilmente accessibili considerando la densità di popolazione o direttamente presso i distributori i quali sono tenuti a recuperarli gratuitamente.
I sistemi di raccolta non comportano oneri per gli utilizzatori finali nel momento in cui si disfano dei rifiuti di pile o accumulatori portatili.
Sono fissati anche tassi di raccolta e scadenze ben definite.
Entro il 26 settembre 2012 gli stati membri dovranno raccogliere in modo differenziato almeno il 25% pile e accumulatori che dovrà diventare il 45% entro il 26 settembre 2016.
Entro il 26 settembre 2009 i produttori dovranno introdurre sistemi per il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti basati sulle migliori tecniche disponibili e tutte le pile e gli accumulatori individuabili dovranno essere sottoposti a trattamento e riciclaggio con sistemi che siano conformi alla normativa comunitaria.
Il processo di riciclaggio dovrà soddisfare le esigenze di riciclaggio previste dalla presente direttiva entro il 26 settembre 2011.
I requisiti dettagliati per il calcolo delle efficienze di riciclaggio saranno aggiunti entro il 26 marzo 2010.
Gli membri sono tenuti a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 settembre 2008.
A partire dal 26 settembre 2008 è abrogata la direttiva 91/157/CEE.
La presente direttiva è entrata in vigore il 27 settembre 2006, giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea.
Obiettivo del riciclaggio
Gli Stati membri adottano, tenendo conto degli effetti del trasporto sull'ambiente, misure necessarie per promuovere al massimo la raccolta differenziata di rifiuti di pile e accumulatori e per ridurre al minimo lo smaltimento dei rifiuti di pile e accumulatori come rifiuti urbani misti, così da realizzare un elevato livello di riciclaggio di tutti i rifiuti di pile e accumulatori.
Gli Stati membri sono tenuti a conseguire almeno i seguenti tassi di raccolta:
25 % entro il 26 settembre 2012;
45 % entro il 26 settembre 2016.Gli Stati membri controllano ogni anno i tassi di raccolta secondo il piano di cui all'allegato I. Fatto salvo il regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2002, relativo alle statistiche sui rifiuti (2), gli Stati membri trasmettono alla Commissione i rapporti entro sei mesi dalla fine
dell'anno civile in questione. I rapporti indicano in che modo gli Stati membri hanno ottenuto i dati necessari per il calcolo del tasso di raccolta.Direttiva 96/59/CE del Consiglio del 16 settembre 1996 concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)
La direttiva sui PCB/PCT riguarda varie sostanze chimiche che, per la loro tossicità e tendenza al bioaccumulo (cioè all'accumulo nei tessuti di organismi viventi) rappresentano una particolare minaccia per l'ambiente e per la salute umana.
La direttiva intende garantire, all’interno degli Stati membri, lo smaltimento controllato dei PCB, la decontaminazione o lo smaltimento di apparecchi contenenti PCB e/o lo smaltimento di PCB usati, in vista della loro eliminazione completa.
In particolare, tutte le imprese impegnate nella decontaminazione e/o nello smaltimento dei PCB, o che utilizzano PCB o apparecchiature contenenti PCB, devono prima ottenere un'autorizzazione.
La direttiva fissa inoltre obblighi per la decontaminazione o lo smaltimento delle apparecchiature contenenti PCB e per lo smaltimento dei PCB usati, per garantire che queste sostanze siano eliminate completamente.
In particolare, gli Stati membri devono adottare e comunicare alla Commissione inventari delle apparecchiature di questo tipo contenenti quantitativi di PCB superiori ad un limite specificato.
Gli Stati membri devono inoltre adottare e comunicare alla Commissione piani per la decontaminazione e lo smaltimento sicuri delle apparecchiature contenenti PCB e bozze di piani per la raccolta e lo smaltimento degli apparecchi non soggetti ad inventario.
2.2 NORMATIVA NAZIONALE
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - Norme in materia ambientale
1.(G.U. n. 88 del 14/04/2006 - S.O. n. 96)
Dal 29 aprile 2006, data di entrata in vigore del D.lgs 3 aprile 2006, n. 152, la normativa nazionale sulla tutela dell'ambiente ha subito una profonda trasformazione Il cosiddetto "Codice ambientale" ha riscritto le regole su valutazione di impatto ambientale, difesa del suolo e tutela delle acque, gestione dei rifiuti, riduzione dell'inquinamento atmosferico e risarcimento dei danni ambientali, abrogando la maggior parte dei previgenti provvedimenti del settore.
Nella versione iniziale, il provvedimento modificava sostanzialmente la parte terza e quarta del Codice ambientale, ovvero la disciplina delle acque e dei rifiuti. In particolare, venivano ridefinite le priorità nella gestione dei rifiuti in conformità con la normativa UE, veniva istituita un’Authority per acque e rifiuti, creando due sezioni al posto del vecchio Comitato di vigilanza sull'uso delle risorse idriche e dell'Osservatorio nazionale dei rifiuti e riconosciuto il ruolo delle regioni e delle province in materia di rifiuti.
Negli ultimi mesi il D.lgs. 152/06 ha subito numerosi rinvii e modifiche.
Il testo analizzato ai fini della redazione del presente paragrafo tiene conto degli aggiornamenti apportati, da ultimo, dal D.L. 28 dicembre 2006 n. 300 - cd. "Decreto milleproroghe" (G.U. n. 300 del 28/12/2006) e dalla Finanziaria 2007 (L. n. 296/2006, pubblicata nella GU n. 299 del 27.12.2006 - S. O. n. 244)
Infine, da considerare che Consiglio dei Ministri del 30 giugno ha approvato uno schema di D.Lgs. con cui il Governo si impegnava ad emanare entro il 31 gennaio 2007 norme correttive in materia di rifiuti e servizi idrici.
La parte quarta del D.Lgs. 152/06 disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli oli usati, sulle batterie esauste, sui rifiuti di imballaggio, sui policlorobifenili (PCB), sulle discariche, sugli inceneritori, sui rifiuti elettrici ed elettronici, sui rifiuti portuali, sui veicoli fuori uso, sui rifiuti sanitari e sui rifiuti contenenti amianto.
In particolare, l’articolo 178 stabilisce che:
a. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata […] al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi.
b. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
1. senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
2. senza causare inconvenienti da rumori o odori;
3. senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
c.
La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario "chi inquina paga". A tal fine le gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza.Relativamente alle competenze degli enti locali, l’articolo 197 definisce per le province (limitatamente al settore dei rifiuti) l’attività di:
controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
l'individuazione […] delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.Per quanto concerne gli
obiettivi di raccolta differenziata, l’articolo 205 stabilisce che in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata pari a:a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
1 Il testo analizzato è aggiornato, da ultimo, al D.L. 28 dicembre 2006 n. 300 - cd. "Decreto milleproroghe" (G.U. n. 300 del 28/12/2006) e alla Finanziaria 2007 (L. n. 296/2006, pubblicata nella GU n. 299 del 27.12.2006 - S. O. n.244)
c)
almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.D. lgs 8 novembre 2006, n. 284 "Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale"
Riguardo la parte quarta del 152/06 che disciplina il settore rifiuti, le modifiche apportate riguardano:
la ricostituzione dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti in un primo tempo abrogato
l’adeguamento a dodici mesi del termine entro il quale CONAI deve rivedere ed adeguare il proprio statuto.LEGGE 27 dicembre 2006, n. 296 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)
Il 27 dicembre 2006 è stata pubblicata la legge 296/2006, la cosiddetta legge Finanziaria 2007, che prevede, tra le altre cose, una serie di interventi specifici per il settore dei rifiuti.
Di seguito si riportano i commi che parlano, nello specifico, delle nuovi disposizioni.
CC. 106-108 Gestori del servizio di smaltimento dei rifiuti - Trasmissione dati all’Agenzia delle entrate I soggetti gestori del servizio di smaltimento dei rifiuti urbani comunicano annualmente all’agenzia delle entrate i dati relativi agli immobili insistenti sul territorio comunale per i quali il servizio è istituito che abbiano rilevanza ai fini delle imposte sui redditi.
C. 183 Tariffa per la gestione dei Rifiuti Urbani
Ai fini della determinazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, continuerà a farsi riferimento ai criteri indicati dal D.lgs. 507/1993 (art. 70, c. 3, secondo e terzo periodo) in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
C. 184 Rifiuti e discariche
In attesa della completa attuazione delle disposizioni di cui al D.lgs. 152/2006:
Il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato da ciascun comune per il 2006 resta invariato anche per il 2007;
Rimangono applicabili le disposizioni di cui all’art. 18, c. 2, lett. d) e 57 del Decreto Ronchi, in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani;
La disciplina transitoria del decreto “discariche” (D.lgs. 36/2003) è ulteriormente prorogata al 31 dicembre 2007. La proroga non si applica alle discariche di II categoria, tipo A, ex A2 e alle discariche per rifiuti inerti, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto.CC. 1108 - 1109 Raccolta Differenziata
La Regione deve garantire, a livello di ambito territoriale ottimale, previa diffida e successiva nomina di un commissario ad acta, il raggiungimento delle seguenti percentuali minime di raccolta differenziata dei rifiuti urbani:
entro il 31 dicembre 2007 almeno il quaranta per cento
entro il 31 dicembre 2009 almeno il cinquanta per cento
entro il 31 dicembre 2011 almeno il sessanta per cento.Negli anni successivi le percentuali saranno stabilite con decreto del Ministero dell’ambiente, che perseguirà l’obiettivo “Rifiuti zero”.
C. 1116 Controllo e tracciabilità dei rifiuti
Per l’anno 2007 una quota non inferiore a 5 milioni di euro è riservata alla realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti, ai fini della prevenzione e della repressione dei fenomeni di criminalità organizzata nell’ambito dello smaltimento illecito dei rifiuti.
CC. 1129 - 1131 Sacchetti non biodegradabili per l’asporto di merci
E’ avviato un programma sperimentale per la riduzione progressiva della commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabili, al fine di giungere al definitivo divieto entro il 1° gennaio 2010. E’ destinata allo scopo una quota non inferiore a 1 milione di euro.
Decreto Legislativo 25 luglio 2005 n. 151 - Attuazione delle direttive 2002/95/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti (RAEE).
Con l’entrata in vigore il 13 agosto 2005, del D.Lgs. n. 151 del 25/07/05, si è data attuazione alla direttiva 2002/96/CE (del 27/01/03 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche RAEE, nota come direttiva RAEE – modificata dalla direttiva 2003/108/CE).
Il DL 151/05 impone la limitazione e l'eliminazione sul territorio nazionale di alcune sostanze nocive presenti in determinati prodotti.
Dal 1° luglio 2006 è proibito l'utilizzo di piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (PBB) ed etere di difenile polibromurato (PBDE).
Con Circolare 23 giugno 2006 il Ministero dell'ambiente ha stabilito che la data del 1° luglio 2006 a partire dalla quale è fatto divieto di commercializzare apparecchiature elettriche ed elettroniche contenenti determinate sostanze pericolose non vale per le apparecchiature che al 25 giugno 2006 sono già nella forma di prodotto finito pronto per la commercializzazione ed hanno ultimato il loro processo produttivo, ancorché giacenti presso i magazzini del produttore in quanto prodotte o importate prima.
Le finalità principali del decreto sono le seguenti:
prevenire la produzione di rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche;
garantire la realizzazione di un sistema di raccolta differenziata, recupero e riciclaggio di questi rifiuti;
favorire la progettazione di nuove apparecchiature che facilitino il riuso, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti da esse prodotte;
vietare l’utilizzo, nella loro produzione di sostanze pericolose quali mercurio, piombo, cadmio, cromo esavalente, PBB (polibromobifenili) e PBDE (polibromodifenileteri);
realizzare sistemi di trattamento, recupero e smaltimento finale di questi rifiuti finanziati essenzialmente dai produttori delle apparecchiature;
marchiare tutte le apparecchiature con un simbolo che indichi ai cittadini la necessità della raccolta differenziata.Obiettivi generali
prevenire la produzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, di seguito denominati RAEE;
promuovere il reimpiego, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei RAEE, in modo da ridurne la quantità da avviare allo smaltimento;
migliorare, sotto il profilo ambientale, l'intervento dei soggetti che partecipano al ciclo di vita di dette apparecchiature, quali, ad esempio, i produttori, i distributori, i consumatori e, in particolare, gli operatori direttamente coinvolti nel trattamento dei RAEE;
ridurre l'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche;
garantire, entro il 31 dicembre 2008, il raggiungimento di un tasso di raccolta separata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici pari ad almeno 4 kg in media per abitante all'anno.Gli effetti sul costruttore e sul consumatore
Dal 13 agosto 2006 è scattato l'obbligo di ritiro dell'usato a fronte dell'acquisto di un nuovo apparecchio elettrico o elettronico dello stesso tipo.
Quindi, tutti i prodotti immessi sul mercato dopo questa data dovranno riportare, in modo chiaro e indelebile, sulla scatola dell'imballaggio e nelle istruzioni per l'uso (ma soltanto quando, per le ridotte dimensioni, non sia possibile applicarle direttamente sul prodotto), le indicazioni sul produttore e il simbolo RAEE per la raccolta differenziata.
Produttori e rivenditori dovranno informare gli acquirenti circa le modalità di raccolta differenziata, gli effetti dei rifiuti tossici sull'ambiente e le sanzioni previste per i trasgressori.
Acquistando un nuovo prodotto, elettrico o elettronico, il consumatore si avvantaggia del ritiro, obbligatorio e gratuito, del proprio usato a carico del commerciante esercente.
Il decreto interessa, quindi, notevolmente i consumatori e tutte le pubbliche amministrazioni o enti privati che si trovano nella condizione di dover smaltire tali apparecchiature (RAEE) ma soprattutto coinvolge fortemente i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche i quali, se risultano essere i primi immissori sul mercato di queste apparecchiature, hanno l’obbligo di garantire il rispetto all’art. 5 del D.Lgs. n 151/05.
Sebbene non citati dalla normativa e quindi senza obblighi particolari, risultano coinvolti dal punto di vista commerciale anche i fornitori di quelle componenti che vengono utilizzate per la produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, in quanto la conformità del prodotto si ha quando tutte le sue parti sono conformi.
Produttori
Entro il 31 dicembre 2006 i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche garantiscono il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) per i RAEE che rientrano nelle categorie 1 e l0 dell'allegato 1 A, una percentuale di recupero pari ad almeno all' 80% in peso medio per apparecchio e una percentuale di reimpiego e di riciclaggio di componenti, di materiali e di sostanze pari ad almeno al 75% in peso medio per apparecchio;
b) per i RAEE che rientrano nelle categorie 3 e 4 dell'allegato 1 A, una percentuale di recupero pari ad almeno 75% in peso medio per apparecchio e una percentuale di reimpiego e di riciclaggio di componenti, di materiali e di sostanze pari almeno al 65% in peso medio per apparecchio;
c) per i RAEE che rientrano nelle categorie 2, 5, 6, 7 e 9 dell'allegato 1 A, una percentuale di recupero pari almeno al 70 % in peso medio per apparecchio e una percentuale di reimpiego e di riciclaggio di componenti, di materiali e di sostanze pari almeno al 50% in peso medio per apparecchio;
d) per tutti i rifiuti di sorgenti luminose fluorescenti, una percentuale di reimpiego e di riciclaggio di componenti, di materiali e di sostanze pari almeno l'80% in peso di tali sorgenti luminose.
Per garantire il corretto funzionamento dei sistemi di gestione e smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici istituiti dai produttori, il decreto italiano prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'Ambiente di un Comitato di vigilanza e di controllo e l'istituzione di un Registro nazionale dei soggetti obbligati allo smaltimento di questo tipo di rifiuti.
Decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Cd. "decreto milleproroghe") - Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28/12/2006 n. 300 il cosiddetto "Decreto Milleproroghe", entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, definisce le proroghe di termini in materia ambientale fissati dal DLgs 152/06.
In particolare, relativamente ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), l’articolo 5, comma 1, stabilisce che il termine del 31 dicembre 2008, è prorogato fino alla data di adozione dei decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, e, comunque, non oltre il 30 giugno 2007.
Decreto legge 2 luglio 2007, n. 81
:La partenza del nuovo sistema ex D.Lgs 151/2005 viene rinviata al 31 dicembre 2007.Tali provvedimenti consentiranno l'operatività del sistema finalizzato a valorizzare i RAEE ed imporranno una serie di obblighi per i produttori, gli importatori, i distributori, gli enti locali e i gestori di rifiuti elettrici ed elettronici. I decreti ministeriali definiranno le modalità con le quali le imprese e i sistemi collettivi di raccolta e recupero dovranno, entro 90 giorni dall'entrata in vigore delle norme, iscriversi al "Registro dei produttori"; disciplineranno l'attività del Comitato di vigilanza e controllo e individueranno le agevolazioni necessarie a far sì che i commercianti possano mettere in atto l'obbligo di ritiro dei RAEE dismessi dai consumatori o dagli utilizzatori professionali.
Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 209 - Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso
.Obiettivi del decreto:
di ridurre al minimo l'impatto dei veicoli fuori uso sull'ambiente, al fine di contribuire alla protezione, alla conservazione ed al miglioramento della qualità dell'ambiente;
di evitare distorsioni della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda l'accesso delle piccole e delle medie imprese al mercato della raccolta, della demolizione, del trattamento e del riciclaggio dei veicoli fuori uso;
di determinare i presupposti e le condizioni che consentono lo sviluppo di un sistema che assicuri un funzionamento efficiente, razionale ed economicamente sostenibile della filiera di raccolta, di recupero e di riciclaggio dei materiali degli stessi veicoli.Al fine di promuovere la prevenzione della produzione dei rifiuti provenienti dal veicolo fuori uso, ed in particolare, per prevenire il rilascio nell'ambiente delle sostanze pericolose in esso contenute, per facilitarne il reimpiego ed il riciclaggio e per ridurre la quantità di rifiuti pericolosi da avviare allo smaltimento finale, il decreto adotta iniziative dirette a favorire:
la limitazione, da parte del costruttore di veicoli, in collaborazione con il costruttore di materiali e di equipaggiamenti, dell'uso di sostanze pericolose nella produzione dei veicoli e la riduzione, quanto più possibile, delle stesse, sin dalla fase di progettazione;
modalità di progettazione e di fabbricazione del veicolo nuovo che agevolano la demolizione, il reimpiego, il recupero e, soprattutto, il riciclaggio del veicolo fuori uso e dei relativi componenti e materiali, promuovendo anche lo sviluppo della normativa tecnica del settore;
l'utilizzo, da parte del costruttore di veicoli, in collaborazione con il produttore di materiali e di equipaggiamenti, di quantità crescenti di materiale riciclato nei veicoli ed in altri prodotti, al fine di sviluppare il mercato dei materiali riciclati.Tuttavia, pur dando attuazione formale alla direttiva 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso, il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, è stato valutato, dalla Comunità europea, inadatto a perseguire gli attesi benefici ambientali, tanto da indurre la Corte di Giustizia europea ad attivare una procedure d’infrazione contro l’Italia.
Decreto Legislativo 23 febbraio 2006, n. 149 - Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, recante attuazione della direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso.
Conseguentemente, è stato pubblicato il decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 149, con il quale sono state introdotte nell’ordinamento giuridico nazionale alcune disposizioni integrative e correttive.
Tra le novità, il fatto che i veicoli debbano esser classificati “fuori uso” - e quindi trattati come rifiuti - non solo quando il detentore li consegni (direttamente o tramite un trasportatore autorizzato) a un centro di raccolta, ma anche qualora vengano consegnati al concessionario (o gestore dell’automercato o della
succursale della casa costruttrice) (in Gazzetta Ufficiale del 12 aprile 2006, n. 86).
Decreto Legislativo 11 maggio 2005, n. 133 - Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti
Il decreto si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti e stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre gli effetti negativi sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché i rischi per la salute umana che ne derivino.
Il provvedimento, in particolare, regola tutte le fasi dell'incenerimento dei rifiuti, dal momento della ricezione nell'impianto fino alla corretta gestione e smaltimento delle sostanze residue:
disciplina i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;
i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli stessi impianti;
i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti;
i criteri temporali di adeguamento degli impianti già esistenti alle disposizioni del presente decreto.Particolare attenzione è stata data alla trasparenza delle informazioni sugli impianti e sui processi autorizzativi. Il provvedimento prevede che i cittadini possano accedere a tutte le informazioni così da essere coinvolti nelle decisioni.
Infine, vengono fissati limiti rigorosi per le emissioni in atmosfera e vengono introdotti valori limite di emissione per gli scarichi delle acque reflue che derivano dalla depurazione dei gas di scarico degli impianti di incenerimento e incenerimento e coincenerimento, che limiteranno il passaggio delle sostanze inquinanti dall'atmosfera ai corpi idrici.
Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 - Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti
Il 27 marzo è la data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 13 gennaio 2003 n. 36, in attuazione della “direttiva discariche” 1999/31/CE.
Secondo il D. Lgs. n. 36 le discariche saranno classificate in tre categorie (art. 4): discarica per rifiuti inerti, discarica per rifiuti non pericolosi e discarica per rifiuti pericolosi.
I rifiuti potranno essere collocati in discarica solo dopo trattamento (in particolare riciclaggio, trattamento aerobico e anaerobico, recupero di materiali o energia) e ben 14 tipologie di rifiuto, espressamente indicate nell'art. 6, non saranno più ammesse in discarica.
In previsione o in occasione del conferimento dei rifiuti, il detentore deve presentare la documentazione attestante la conformità del rifiuto ai criteri di ammissibilità, previsti nell'art. 7 comma 5 e rimandati al decreto di prossima uscita, per la specifica categoria di discarica (art. 11).
Oltre alle definizioni ed agli obiettivi di riduzione di rifiuti conferiti in discarica, il Decreto legislativo disciplina: le fasi di autorizzazione, costruzione, esercizio, gestione post-operativa, controllo degli impianti ed i piani di chiusura e ripristino ambientale del sito.
Entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto (art. 17), il gestore dovrà presentare all'autorità competente un piano di adeguamento della discarica che, se approvato, dovrà essere completato entro il 16 luglio 2009.
Per quanto riguarda i criteri di ammissione dei rifiuti in discarica è opportuno prendere in considerazione le indicazioni dell'allegato alla Decisione del Consiglio dell'Unione Europea del 19 dicembre 2002.
La sezione 1 dell'allegato stabilisce la procedura da seguire per determinare l'ammissibilità dei rifiuti in discarica; tale procedura comprende una caratterizzazione di base del rifiuto, una verifica di conformità, di competenza del gestore, ed una verifica in loco, spettante al produttore (come definite nella sezione 3 dell'allegato II della direttiva discariche).
La sezione 2 fissa i criteri di ammissibilità dei rifiuti per ciascuna categoria di discarica (per rifiuti inerti, non pericolosi e pericolosi) ed in particolare per i depositi sotterranei (punto 2.5).
La sezione 3 elenca i metodi da utilizzare per il campionamento ed analisi in relazione alla caratterizzazione di base e la verifica di conformità dei rifiuti.
Obiettivi di riduzione del conferimento di rifiuti in discarica
Elaborare ed approvare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica ad integrazione del piano regionale dei rifiuti di cui all'art. 22 del decreto legislativo n. 22 del 1997.
Obiettivi del programma:
a) entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;
b) entro otto anni dalla data di entrata in vigore del decreto i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;
c) entro quindici anni dalla data di entrata in vigore del decreto i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante;
d)
prevedere il trattamento dei rifiuti e, in particolare, il riciclaggio, il trattamento aerobico o anaerobico, il recupero di materiali o energia.Non sono ammessi in discarica
i seguenti rifiuti (Articolo 6):a. rifiuti allo stato liquido;
b. rifiuti classificati come Esplosivi (H1), Comburenti (H2) e Infiammabili (H3-A e H3-B), ai sensi dell'allegato I al decreto legislativo n. 22 del 1997;
c. rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione totale =1%;
d. rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione totale >5%;
e. rifiuti sanitari pericolosi e a rischio infettivo;
f. rifiuti che rientrano nella categoria 14 dell'allegato G1 al decreto legislativo n. 22/97;
g. rifiuti della produzione di principi attivi per biocidi, come definiti ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174, e per prodotti fitosanitari come definiti dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194;
h. materiale specifico a rischio di cui al DM della sanità in data 29 settembre 2000, e successive modificazioni e materiali ad alto rischio disciplinati dal decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, comprese le proteine animali e i grassi fusi da essi derivanti;
i. rifiuti che contengono o sono contaminati da PCB come definiti dal decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, in quantità superiore a 50 ppm;
j. rifiuti che contengono o sono contaminati da diossine e furani in quantità superiore a 10 ppb;
k. rifiuti che contengono fluidi refrigeranti costituiti da CFC e HCFC, o rifiuti contaminati da CFC e HCFC in quantità superiore al 0,5% in peso riferito al materiale di supporto;
l. rifiuti che contengono sostanze chimiche non identificate o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull'uomo e sull'ambiente non siano noti;
m. pneumatici interi fuori uso a partire dal 16 luglio 2003, esclusi i pneumatici usati come materiale di ingegneria ed i pneumatici fuori uso triturati a partire da tre anni da tale data, esclusi in entrambi i casi quelli per biciclette e quelli con diametro esterno superiore a 1400 mm;
n.
rifiuti con PCI (Potere calorifico inferiore) > 13.000 kJ/kg a partire dal 1/1/2007.Decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Cd. "decreto milleproroghe") - Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28/12/2006 n. 300 il cosiddetto "Decreto Milleproroghe", entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, definisce le proroghe di termini in materia ambientale fissati dal DLgs 152/06.
In particolare, relativamente alle discariche di rifiuti, l’articolo 6, comma 3, stabilisce che il termine del 1/1/2007 è prorogato fino al 31 dicembre 2008.
Decreto Legislativo del Governo n° 95 del 27/01/1992 - Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli oli usati.
Il Dlgs 27 gennaio 1992, n. 95 disciplina la eliminazione degli oli usati in attuazione di due direttive comunitarie di settore (75/439/CEE e 87/101/CEE entrambe relative alla eliminazione degli oli usati).
La gestione dell'olio minerale usato deve rispondere ad alcuni precisi obblighi e divieti di carattere generale dettati per la tutela della salute pubblica e dell'ambiente.
Tali obblighi e divieti sono individuati, nell'articolo 3, Dlgs 95/1992 nei seguenti:
−
obblighi relativi alla eliminazione. Gli oli usati debbono essere eliminati:a) in via prioritaria tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;
b) nel caso in cui la rigenerazione non sia tecnicamente, economicamente od organizzativamente possibile, tramite combustione. […];
c)
ove la natura dell'olio usato raccolto non consenta la percorribilità delle strade di cui ai punti precedenti, l'eliminazione deve avvenire tramite distruzione innocua o immagazzinamento o deposito permanente […];−
divieti relativi alla eliminazione:d) i consumatori non possono procedere alla diretta eliminazione degli oli usati;
e) è vietato qualsiasi scarico degli oli usati delle acque interne di superficie, nelle acque sotterranee, nelle acque marine territoriali e nelle canalizzazioni;
f) è vietato qualsiasi deposito e/o scarico di oli usati che abbia effetti nocivi per il suolo, nonché qualsiasi scarico incontrollato di residui risultati dal trattamento degli oli usati;
g) è vietato qualsiasi trattamento di oli usati che provochi un inquinamento dell'aria superiore al livello fissato dalle disposizioni vigenti.
L'articolo 6, D.lgs 95/1992 reca obblighi specifici per i "detentori"; pertanto, in funzione dello specifico "status" soggettivo che da tale definizione deriva, esso rappresenta una delle norme cardine di tutto il sistema di gestione degli oli minerali usati.
Obblighi gestionali
Gli obblighi gestionali previsti a carico del detentore per stoccaggi superiori a 300 litri annui sono:
a) stivare gli oli usati in modo idoneo ad evitare qualsiasi commistione tra emulsioni ed oli propriamente detti ovvero qualsiasi dispersione o contaminazione degli stessi con altre sostanze;
b) non miscelare gli oli usati con altri rifiuti pericolosi appartenenti a categorie diverse tra quelle indicate nell'allegato G al D.lgs 22/1997 né con rifiuti non pericolosi; la miscelazione è consentita solo tra oli appartenenti alla stessa categoria tra quella contenute nel citato allegato G (fatta salva l'autorizzazione regionale);
c) cedere e trasferire tutti gli oli usati detenuti al Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati direttamente oppure ad imprese autorizzate alla raccolta e/o alla eliminazione, comunicando al cessionario tutti i dati relativi all'origine ed ai pregressi utilizzi degli oli usati;
d) rimborsare al cessionario gli oneri inerenti e connessi alla eliminazione delle singole miscele oleose, degli oli usati non suscettibili di essere trattati e degli oli contaminati.
Ulteriori obblighi per il detentore, a prescindere dal quantitativo di 300 litri annui (quindi, anche se ne producono e/o detengono in quantità inferiore):
e) i detentori di oli usati possono provvedere alla loro eliminazione tramite cessione diretta ad imprese autorizzate, dandone comunicazione al Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati;
f) chiunque esercita la attività di rivendita al dettaglio di oli e fluidi lubrificanti per motori, ivi inclusa la vendita di lubrificanti di navi e natanti di qualsiasi genere presso scali, darsene, attracchi pubblici o privati, marittimi, lacuali o fluviali, è obbligato a:
mettere a disposizione della propria clientela ed esercire un impianto attrezzato per lo stoccaggio dell'olio usato;
ritirare e detenere l'olio usato estratto dai motori presso i propri impianti;
consentire, ove non vi provvede direttamente nel caso che non effettui la sostituzione, a titolo gratuito che il Consorzio installi presso i locali in cui è svolta la attività un impianto di stoccaggio degli oli usati a disposizione del pubblico;g) coloro che, a qualsiasi titolo dispongono o mettono a disposizione di soci associati o terzi oli e fluidi lubrificanti per motori presso rimesse, garage, depositi o similari, pubblici o privati sono obbligati a fornirsi di impianti idonei per la sostituzione e di ritirare e detenere l'olio usato estratto;
h) le officine meccaniche e i demolitori sono obbligati a ritirare dai propri clienti e detenere gli oli usati estratti nell'esercizio dell'attività propria e i filtri usati;
i) le amministrazioni militari dello Stato hanno facoltà di provvedere alla raccolta ed all'eliminazione degli oli usati di loro proprietà, ma sono tenute all'osservanza delle disposizioni del presente decreto a protezione dell'ambiente e della salute dall'inquinamento atmosferico, idrico e del suolo (cioè devono osservare gli obblighi e i divieti di carattere generale di cui al precedente par. 1).
È, infine, fatto obbligo alle imprese che immettono oli o basi lubrificanti al consumo di riservare nella pubblicità dei loro prodotti un idoneo spazio per sensibilizzare i consumatori all’esigenza della corretta raccolta o eliminazione (Articolo 13).
Decreto Ministeriale 20 novembre 1997, n. 476 - Regolamento recante norme per il recepimento delle direttive 91/157/CEE e 93/86/CEE in materia di pile ed accumulatori contenenti sostanze pericolose
Il 6 settembre 2006 è stata pubblicata la Direttiva 2006/66/CE del Parlamento europeo e Consiglio relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori, che ha abrogato la direttiva 91/157/CEE.
L’Italia non ha ancora emanato un decreto di recepimento di questa direttiva per cui il riferimento normativo, a livello nazionale, che regolamenta la gestione di pile ed accumulatori contenenti sostanze pericolose rimane il Decreto Ministeriale 20 novembre 1997, n. 476
Il Decreto Ministeriale 20 novembre 1997 n. 476 è entrato in vigore nel mese di gennaio del 1198 e, recependo due direttive comunitarie, detta la disciplina per la commercializzazione di pile ed accumulatori contenenti sostanze pericolose, nonché di apparecchi contenenti pile ed accumulatori.
Il provvedimento coinvolge quindi direttamente tanto gli importatori quanto i dettaglianti di pile e di apparecchi contenenti pile.
I punti essenziali del decreto possono essere così sintetizzati:
il regolamento si applica alle pile ed agli accumulatori messi in commercio a decorrere dal 28 gennaio 1998 che contengono:a)
oltre 25 mg di mercurio per elementob)
oltre lo 0,025 per cento in peso di cadmioc)
oltre lo 0,4 per cento in peso di piombod) fino allo 0,025 per cento in peso di mercurio per le pile alcaline al manganese.
È vietata la commercializzazione di pile alcaline al manganese contenenti più dello 0,025 per cento in peso di mercurio, con esclusione di quelle a bottone e delle pile composte da elementi del tipo a bottone (art. 3).
Negli esercizi che vendono pile ed accumulatori è obbligatorio esporre, con decorrenza immediata, un avviso al pubblico relativo ai "pericoli e i danni all'ambiente ed alla salute umana derivanti dallo smaltimento delle pile e degli accumulatori al di fuori degli appositi contenitori" e "circa il significato dei simboli apposti sulle pile e sugli accumulatori" (art. 7).
I fabbricanti, gli importatori o, comunque, i responsabili della prima immissione sul mercato sono obbligati a marcare pile ed accumulatori con uno specifico simbolo grafico (cestino dei rifiuti barrato) e con l'indicazione della presenza nelle pile di metalli pesanti: Hg mercurio, Cd cadmio, Pb piombo (art. 5).
È vietata la commercializzazione di apparecchi da cui i consumatori non possono facilmente estrarre le pile o gli accumulatori esausti. Nelle istruzioni d'uso di tali apparecchi devono essere indicate le modalità di estrazione delle pile o l'eventuale presenza di accumulatori fissi pericolosi per l'ambiente con l'indicazione delle modalità da seguire per il corretto smaltimento dell'apparecchio come rifiuto.
A decorrere dal 28 luglio 1998, il rivenditore deve porre a disposizione del pubblico nel proprio punto di vendita un contenitore per il ritiro di pile e accumulatori usati.Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 209 - Attuazione della direttiva 96/59/CE relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili.
Il Decreto Legislativo 209/99 ha recepito la direttiva 96/59/CE relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB) e allo smaltimento dei PCB usati, alla loro decontaminazione e allo smaltimento dei PCB e degli apparecchi contenenti PCB ai fini della loro completa eliminazione.
L'art. 3 comma 1 obbliga coloro che detengono apparecchi contenenti PCB in quantitativo superiore a 5 dm3 ad effettuare una comunicazione biennale alle sezioni regionali, o delle province autonome, del catasto rifiuti.
La prima comunicazione dovrà essere effettuata entro il 31/12/1999, termine prorogato al 31 dicembre 2000 dal Decreto Legge 30 dicembre 1999, n. 500 - Disposizioni urgenti concernenti la proroga di termini per lo smaltimento in discarica di rifiuti e per le comunicazioni relative ai PCB, nonché l'immediata utilizzazione di risorse finanziarie necessarie all'attivazione del protocollo di Kyoto.
Il decreto, all'art. 5, stabilisce dei termini entro i quali decontaminare o smaltire gli apparecchi contaminati da PCB.
In particolare, i PCB e gli apparecchi contenenti olio dielettrico in quantità inferiore a 5 litri che risultassero contaminati da PCB (concentrazione superiore a 50 mg/Kg) e i PCB usati dovranno essere decontaminati o smaltiti entro il 31/12/2005 (art.5 comma 1). Mentre gli apparecchi soggetti ad inventario (quantità di oli dielettrico superiore a 5 litri) che risultassero contaminati da PCB (concentrazione superiore a 50 mg/Kg) dovranno essere decontaminati o smaltiti entro il 31/12/2010 (art. 5comma 2 e 3).
Di questi ultimi, quelli contaminati da PCB entro i 50-500 mg/Kg, potranno continuare ad essere utilizzati fino al termine del loro ciclo di vita (art. 5 comma 3).
Le apparecchiature dovranno essere munite di etichetta conforme a quanto disposto dall'art. 6. L'art. 10 stabilisce pesanti sanzioni amministrative per omessa o infedele comunicazione o per mancata etichettatura.
Sanzioni penali ed amministrative sono previste a carico di coloro che effettuano in modo non conforme al D.Lgs 22/97 le operazioni di smaltimento e/o recupero dei PCB.
Le disposizioni del sopra citato decreto non si applicano agli oli usati contenenti PCB in quantità inferiore ai 25 mg/Kg (è quindi possibile smaltirli tramite il consorzio obbligatorio degli oli usati).
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - Norme in materia ambientale - Titolo II - Gestione degli imballaggi.
(G.U. n. 88 del 14/04/2006 - S.O. n. 96)
Il titolo II D.lgs 3 aprile 2006, n. 152 disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente […] e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
Tale disciplina riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono.
L’articolo 219 definisce i principi generali a cui deve improntarsi l'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio:
a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;
d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati.
Questi i principi specifici a l'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio, secondo il decreto, deve ispirarsi:
individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico;
promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori;
incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.L’articolo 220 definisce gli obiettivi di recupero e di riciclaggio:
Entro il 31 dicembre 2008 almeno il 60% in peso dei rifiuti di imballaggio deve essere recuperato o sarà incenerito in impianti di incenerimento rifiuti con recupero energia;
Entro il 31 dicembre 2008 dovrà essere riciclato almeno il 55% in peso dei rifiuti di imballaggio.Tabella 1 Obiettivi di riciclaggio per ogni materiale di imballaggio
Vetro 60 % in peso
Carta e cartone 60 % in peso
Metalli 50 % in peso
Plastica 26 % in peso
Legno 35 % in peso
Obblighi della pubblica amministrazione:
La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:
a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito territoriale ottimale, tenuto conto del contesto geografico;
b)
la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.2.3. NORMATIVA REGIONALE
L.R. 10 del 10 febbraio 1993. “Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania”.
La L.R. n. 10 del 10/2/1993 è la prima normativa regionale che, ha disciplinato le procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania con la previsione di un apposito Piano di Smaltimento dei Rifiuti.
Con la L.R. 10/93 furono individuati 18 Consorzi di Bacino all’interno dei quali era assicurato lo smaltimento dei rifiuti prodotti.
I soggetti attuativi del Piano erano identificati nei Comuni, nei Consorzi di Comuni e nelle Comunità Montane.
Nel contempo, i Comuni erano obbligati, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, a dare luogo ai Consorzi di Bacino per la costruzione e la gestione associata degli impianti di smaltimento.
La legge 10/93 si proponeva di far conseguire nel triennio 1993 – 1995 una riduzione fino al 50 per cento dell’utilizzo delle discariche, grazie, in particolare alla raccolta differenziata, al riciclo e riuso dei materiali e alla compattazione dei rifiuti.
Legge Regionale n. 4 del 28/03/07 “Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”
La Legge Regionale n. 4 del 28/03/07 abroga la Legge Regionale 10 febbraio 1993, n. 10, fatta eccezione per l’articolo 6, che è abrogato a decorrere dalla data di aggiudicazione del servizio di gestione integrato dei rifiuti da parte delle autorità d’ambito ai sensi dell’articolo 20, comma 1. La L.R. n. 4 persegue le seguenti finalità (art. 3, Capo I, Titolo I):
a. prevenire, governare e ridurre la produzione e la pericolosità dei rifiuti;
b. potenziare e agevolare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani e speciali, adottando con priorità le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riutilizzo, riciclo e ogni altra azione diretta a ottenere da essi materia prima secondaria;
c. incentivare la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti privilegiando forme di trattamento che ne consentano il recupero e l’utilizzo produttivo conseguendo l’obiettivo della minimizzazione dell’impatto ambientale connesso allo smaltimento;
d. diminuire, mediante idonei e certificati trattamenti, la pericolosità dei rifiuti e garantire che i prodotti ottenuti dal relativo recupero non presentino caratteristiche di pericolosità superiori ai limiti ammessi dalla legislazione vigente per prodotti ottenuti dalla lavorazione di materie prime vergini;
e. contenere e razionalizzare i costi di gestione del ciclo dei rifiuti responsabilizzando, mediante attività concertative a scala territoriale, gli enti locali, incentivandone la partecipazione attiva nelle procedure di predisposizione, adozione, approvazione e aggiornamento dei piani di gestione dei rifiuti;
f. promuovere l’utilizzo di strumenti economici, bilanci-ambientali, strumenti di certificazione ambientale -norme ISO ed EMAS- nonché dei sistemi di qualità quali lo sviluppo del marchio di qualità ecologica -ECOLABEL- volti a promuovere prodotti con un minore impatto sull’ambiente contribuendo a un uso efficiente delle risorse e a un elevato livello di protezione dell’ambiente;
g. garantire in linea generale l’autosufficienza regionale in conseguenza dei principi di autosufficienza di ogni ambito territoriale ottimale -ATO- e di compensazione di cui agli articoli 15 e 29;
h. favorire la crescita di un mercato verde attraverso la promozione di strumenti quali Green Public Procurement - GPP-;
i. individuare forme di cooperazione, sinergie e interazioni istituzionali tra i vari livelli delle autonomie territoriali in conformità ai principi di sussidiarietà e solidarietà territoriale, fermo restando le funzioni e i compiti di indirizzo, per ambiti territoriali sovracomunali, riservati alla regione;
j. prevedere nelle gare di appalto relative alla gestione dei rifiuti criteri che valorizzano le capacità e le competenze tecniche nella prevenzione della produzione dei rifiuti stessi;
k. salvaguardare e incrementare i livelli occupazionali e garantire le condizioni contrattuali degli operatori del settore secondo quanto stabilito dalla contrattazione collettiva;
l. promuovere le attività finalizzate al miglioramento delle conoscenze e delle capacità di intervento e regolamentare le fasi fondamentali necessarie a un effettivo recupero della frazione organica da rifiuto;
m. attuare gli strumenti di prevenzione e riduzione integrati dell’inquinamento- IPPC- ovvero per i settori di interesse prevedere il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale;
n. superare lo stato di emergenza nei settori della gestione dei rifiuti;
o. provvedere alla bonifica e al ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse regionale.
L’art. 10, Capo I, Titolo III della medesima Legge Regionale prevede che il Piano regionale di gestione del ciclo integrato dei rifiuti debba avere le seguenti caratteristiche:
1. Il Piano regionale di gestione del ciclo integrato dei rifiuti, di seguito denominato Piano, in coerenza con il piano territoriale regionale di cui alla legge regionale n. 16/04, articolo 13, stabilisce i requisiti, i criteri e le modalità per l’esercizio delle attività di programmazione relative alla gestione dei rifiuti, incentiva il recupero, il riciclaggio e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, individua e delimita gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti.
2. Il Piano, nel rispetto del decreto legislativo n. 152/06, articolo 199, stabilisce:
le condizioni e i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, a eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate a insediamenti produttivi compatibili;
la tipologia e il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dell’obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno degli ambiti territoriali ottimali, sulla base delle migliori tecnologie disponibili nonché dell’offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale;
la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto dei criteri, dei limiti e delle procedure di cui al decreto legislativo n. 152/06, articolo 200. Il mancato accoglimento delle richieste avanzate dalle province e dai comuni deve essere evidenziato e motivato nella proposta di PIANO di cui all’articolo 13, comma 1;
il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali attraverso una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi anche mediante la costituzione di un fondo regionale;
le prescrizioni contro l’inquinamento del suolo ed il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che comunque possano incidere sulla qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate ai sensi del decreto legislativo n. 152/06, articolo 65, comma 3, lettera f;
la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;
i criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, prevedendo che nei comuni sede di un impianto di smaltimento dei rifiuti non siano ubicati ulteriori impianti o siti di smaltimento dei rifiuti salvo autonome delibere dei comuni stessi, nel rispetto dei criteri generali di cui al decreto legislativo n. 152/06, articolo 199, comma 3, lettera h) ;
le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti e a favorire il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti;
le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia in conformità al decreto legislativo n. 152/06 e successive modifiche;
la determinazione, nel rispetto della normativa tecnica vigente, di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, comprese quelle di cui al decreto legislativo n. 152/06, articolo 225, comma 6;
i requisiti tecnici generali relativi alle attività di gestione dei rifiuti nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria;
l’indicazione della produzione attuale dei rifiuti, la situazione e le previsioni della raccolta differenziata, le potenzialità di recupero e smaltimento soddisfatte e l’analisi socio-economicoterritoriale - SWOT- sulla base dei dati elaborati e trasmessi dall’osservatorio;
le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
i tipi, le quantità e l’origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire, suddivisi per singolo ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani.3. il Piano stabilisce, inoltre:
i criteri per la redazione della relazione sullo stato di attuazione del piano regionale di smaltimento rifiuti ;
la normativa generale;
gli obiettivi generali di pianificazione con l’individuazione concordata di quote aggiuntive di potenzialità di smaltimento di rifiuti urbani, per interventi di sussidiarietà e di emergenza tra ambiti territoriali ottimali e regioni;
i criteri per l’organizzazione del sistema di riduzione, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani;
i criteri per l’organizzazione del sistema di recupero di energia dai rifiuti urbani;
i criteri per l’organizzazione e la gestione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
il programma di cui all’articolo 7, comma 1, lettera cc);
il piano regionale dei rifiuti speciali, anche pericolosi, di cui all’articolo 11, ove necessario;
il piano regionale delle bonifiche di cui all’articolo 12.La Regione approva e adegua il Piano in relazione allo sviluppo delle migliori tecnologie disponibili, secondo la normativa statale vigente. A tal fine la giunta regionale con proprie delibere aggiorna le direttive sui requisiti che devono essere accertati in sede di approvazione dei progetti e di rinnovo delle autorizzazioni.
L’articolo 13, Capo I, Titolo III, della Legge Regionale n. 4 del 28/03/07 fissa le Procedure per l’adozione e approvazione del piano regionale e relative varianti:
La giunta regionale, sentita la conferenza permanente regione – autonomie locali e le autorità d’ambito, adotta la proposta di Piano di cui all’articolo 10. I pareri contrari sono allegati alla proposta di Piano.
Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del piano sul bollettino ufficiale della regione Campania le province, le autorità d’ambito, i comuni e le associazioni ambientaliste riconosciute a livello nazionale possono presentare osservazioni sulla proposta di piano. Entro i successivi sessanta giorni la giunta regionale propone di accogliere o respingere motivatamente le osservazioni al piano e lo trasmette per la definitiva approvazione al Consiglio regionale.
Il piano approvato è pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania. Decorsi trenta giorni dalla pubblicazione, il piano acquista efficacia a tempo indeterminato.
Gli aggiornamenti e le variazioni sostanziali delle previsioni del piano sono sottoposti al procedimento di formazione definito dai commi 1,2 e 3, con i termini ridotti della metà.
Le variazioni tecniche ovvero quelle necessarie per l’adeguamento a sopravvenute disposizioni legislative statali immediatamente operative sono approvate con delibera di giunta regionale.
La giunta regionale con cadenza triennale e, comunque, entro sei mesi dalla data di insediamento del consiglio regionale, verifica lo stato di attuazione del piano e propone al consiglio le modifiche necessarie all’aggiornamento dello stesso.L’art. 14, Capo I, Titolo III, della medesima legge determina l’efficacia e gli effetti del piano regionale.
Le disposizioni contenute nel PIANO e negli adeguamenti hanno efficacia vincolante per i soggetti pubblici e privati che esercitano funzioni e attività disciplinate dalla presente legge
2.4. LEGGI E ORDINANZE COMMISSARIALI EMERGENZA RIFIUTI
In Campania la gestione dei rifiuti urbani viene disciplinata per la prima volta con la legge regionale n. 10 del 10 febbraio 1993, ai sensi del DPR 915/ 82, della Legge 441/ 87, Legge 475/ 88, DPCM del 3 agosto 1990 e DM 29 maggio 1991. La legge 10/93 fissa gli obiettivi, detta le norme generali e le procedure per la redazione e l' attuazione del Piano di smaltimento dei rifiuti. Attraverso il piano rifiuti si poneva di raggiungere i seguenti obiettivi:
a) il pareggio tra la quantità di rifiuti prodotti e quella a qualsiasi titolo tratta e smaltita in Campania. I sistemi di trasporto e smaltimento dei rifiuti, di qualsiasi tipo programmati e/ o autorizzati a qualsiasi titolo dalla Regione, vanno dimensionati in ragione della sua esigenza di smaltire i rifiuti prodotti in Campania;
b) la riduzione progressiva della quantità e il miglioramento della qualità dei rifiuti speciali e/ o tossici e nocivi, da perseguire anche attraverso direttive alle aziende pubbliche e private, per la riqualificazione dei cicli produttivi e tecnologici;
il recupero del “rifiuto solido urbano” e del “materiale riciclabile” quale “risorsa rinnovabile”. La riduzione per il triennio 1993/ 1995 del numero e della capacità in peso e in volume delle discariche mediante tecniche di compattazione e, principalmente attraverso la raccolta differenziata, fino al 50% della quantità attuale. Le finalità per il triennio consistono:i. 1993: 10% raccolta differenziata - 5% riciclo e riuso - 5% compattazione;
ii. 1994: 20% raccolta differenziata - 10% riciclo e riuso - 10% compattazione;
iii. 1995: 25% raccolta differenziata - 15% riciclo e riuso - 10% compattazione;
il censimento ed il programma di risanamento delle aree regionali degradate e inquinate da scarichi abusivi e da qualsiasi altro titolo eseguiti;
il contenimento della tassa sui rifiuti compatibilmente con la elevata qualità dei servizi;
la promozione nelle scuole di un percorso educativo mirante a modificare i comportamenti rispetto alla “produzione e alla gestione del rifiuto”.Individua quali soggetti attuatori del Piano i Comuni, i Consorzi di Comuni e le Comunità Montane. Essi possono costituire società miste con la partecipazione di imprese singole o associate per la realizzazione di impianti di smaltimento previsti dal Piano.. Inoltre i Comuni possono esplicare le varie attività di smaltimento dei rifiuti secondo le norme stabilite dalla Legge 142/ 90 od Enti e Imprese specializzate, debitamente autorizzate con provvedimenti regionali. Nei casi in cui i Comuni non provvedano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a costituire gli organismi consorziali per la costituzione e la gestione associata degli impianti di smaltimento dei bacini individuati del Piano, ed ove i comportamenti omissivi degli Enti obbligati determinino grave pregiudizio alla tutela della salute pubblica o dell' ambiente, la Giunta regionale vi provvede, in via sostitutiva, entro 90 giorni.
ANNO 1994
A seguito della situazione emergenziale determinata dalla mancanza di un sistema impiantistico a supporto del trattamento dei rifiuti (inceneritori) e di discariche (quelle disponibili) chiuse a seguito di ordinanze sindacali e dei ritardi dovuti alla mancata adozione da parte della Regione Campania, del Piano per lo smaltimento dei rifiuti previsto dalla legge regionale 10 febbraio 1993 n. 10, con il Decreto 11 febbraio 1994 del Presidente del Consiglio dei Ministri, viene dichiarato lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania sino al 30 aprile 1994.
ANNO 1995
Tale termine viene prorogato con D.P.C.M. del 16/4/1994 e D.P.C.M. del 7/10/1994 al 31 dicembre 1995.
Con l’ordinanza n 137 del 31 marzo 1994, e successivamente con ordinanza 7 novembre 1994, viene nominato Commissario delegato il Prefetto di Napoli; per l’espletamento delle funzioni relative agli interventi di emergenza nel settore dei rifiuti, per tale compito il commissario si doveva avvalere della collaborazione dei Prefetti delle Province campane e di subcommissari scelti fra dirigenti di Amministrazioni pubbliche, nonché delle autorità e degli uffici competenti in materia.
Successivamente con D.P.C.M. 11/2/1994, O.P.C.M 31/3/1994, O.P.C.M 16/4/1994, O.P.C.M 23/6/1994 e O.P.C.M 7/10/1994 vengono attribuiti poteri ed incarichi.
ANNO 1996
Con D.P.C.M. 29 dicembre 1995, viene prorogato lo stato di emergenza a tutto il 1996. Con Ordinanza n. 2425 del 18 marzo 1996 del Presidente del Consiglio dei Ministri, viene nominato il Presidente della Giunta Regionale della Campania, Commissario di Governo delegato e al Prefetto di Napoli vengono attribuiti compiti specifici in merito alla gestione delle discariche.
L’ordinanza n. 2425/1996 prevede in particolare :
la redazione di un Piano degli interventi di emergenza, secondo le specifiche indicazioni contenute nell’ordinanza medesima;
l’attivazione della raccolta differenziata, nonché la selezione, la valorizzazione e la produzione di compost dai rifiuti;
l’obbligo a carico dei Comuni, di conferimento dei rifiuti urbani nei siti di produzione del CDR;
l’obbligo di stipulare, entro il 31 maggio 1999, a seguito di procedure di gara comunitaria, contratti per la durata massima decennale di conferimento dei RU, a valle della raccolta differenziata, con operatori industriali che si impegnassero a realizzare impianti per la produzione di CDR e ad utilizzare il combustibile prodotto in impianti esistenti, nonché a realizzare impianti dedicati alla produzione di energia mediante l’impiego di CDR, da porre in esercizio entro il 31 dicembre 2000.Il Presidente della Regione Campania, a seguito dell'ordinanza 2425/96 predispone per l'approvazione di una prima versione del Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti, che fu pubblicato definitivamente il 14 luglio 1996.
ANNO 1997
La pianificazione impiantistica venne poi assunta dal Commissario-Presidente della Regione Campania, il quale, anche su sollecitazione del Ministero dell'ambiente ed a seguito dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 2560 del 2 maggio 1997, ridimensionò drasticamente il numero dei termovalorizzatori previsti nel Piano originario, da 7 a 2, e quello degli impianti di produzione di CDR da 9 a 7.
on l’Ordinanza commissariale n. 27 del 9 giugno 1997 viene approvata la stesura finale del Piano Regionale per lo smaltimento dei rifiuti, redatto secondo le indicazioni del Decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 e delle O.P.C.M. 2425 del 18 marzo 1996 e 2560 del 2 maggio 1997, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania numero speciale del 14 luglio 1997.
Un’ulteriore revisione del Piano regionale fu effettuata attraverso l'emanazione dell'ordinanza commissariale n. 319 del 30 settembre 2002, che dispose, tra l'altro, l'approvazione del Piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei rifiuti nella Regione Campania.
Le determinazioni assunte con tale Piano dovevano riguardare sia la riorganizzazione delle competenze tra i vari enti territoriali coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti che la ridefinizione del fabbisogno impiantistico per il trasporto, il trattamento e il recupero.
Sotto il profilo organizzativo e gestionale, con tale ordinanza, furono delineati gli enti di gestione e coordinamento degli ATO (già individuati con il Piano del 1997) e i soggetti di cooperazione tra Comuni, cui affidare l'esercizio, in forma associata, delle funzioni amministrative in materia di rifiuti. Gli ATO avrebbero rappresentato, perciò, la sede per le scelte amministrative, pur con la compartecipazione responsabile degli enti locali interessati.
Nelle intenzioni del Commissario delegato, tale atto doveva “rappresentare un significativo passo verso il superamento dell'emergenza rifiuti, necessario a superare la frammentarietà che ha fin qui caratterizzato le varie attività di gestione dei rifiuti, determinando negative economie di scala, confusione nelle competenze e grave scoordinamento tra le diverse fasi del ciclo integrato, (...) indicando definitivamente i soggetti che, superati i poteri commissariali, dovranno garantire stabilità al sistema”.
Con riferimento all’aspetto della valutazione di impatto ambientale relativa alla localizzazione degli impianti, si sono susseguite, nel tempo, diverse linee di intervento, desumibili dal contenuto delle varie ordinanze ed in relazione alla localizzazione degli impianti, con l’ordinanza n. 2425/1996 si conferì la facoltà di derogare alle norme relative alle procedure di valutazione di impatto ambientale, previste dalla legge n. 349/1986.
ANNI 1997-2003
A partire dall’anno 1996 e fino al 2003, con cadenza annuale, si procedette al rinnovo della proroga dello stato di emergenza D.P.C.M. 30/12/1996;
D.P.C.M. 23/12/1997;
D.P.C.M. 23/12/1998;
D.P.C.M. 3/12/1999;
D.P.C.M. 15/12/2000 (proroga fino al 31/12/2002);
D.P.C.M. 20/12/2002 (proroga fino al 31/12/2003) ed alla conseguente emanazione di numerose ordinanze, con le quali si puntualizzarono gli incarichi ed i poteri conferiti ai Commissari. Ord. n. 2425/1996; Ord. 2470/1996; Ord. n. 2560/1997; Ord. n. 2714/1997; Ord. n. 2774/1998; Ord. n. 2948/1999; Ord. n. 3011/1999; Ord. n. 3031/1999; Ord. n. 3032/1999; Ord. n. 3060/2000; Ord. n. 3095/2000.Nel 1997 la regione Campania, adotta il Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti (pubblicato sul Bollettino Ufficiale (BURC) il 14 luglio 1997) predisposto dal Presidente della Giunta Regionale della Campania – Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti.
Successivamente, nell’anno 2006, il Piano regionale del 1997 viene aggiornato in ottemperanza dell’art. 1, comma 2, del decreto legge 245/2005 convertito in legge 21/06. Il Commissario di Governo, ha elaborato l’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti al fine di predisporre gli atti per l’affidamento del servizio di trattamento e gestione dei rifiuti indifferenziati ad un nuovo soggetto imprenditoriale. Detto adeguamento è stato approvato, previa intesa con la Regione, sentite le Province e a seguito del recepimento delle osservazioni del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, con l’Ordinanza Commissariale n. 77 del 10 marzo 2006.
ANNO 1998
Nel corso dell’anno 1998, si dispose, con ordinanza n. 2774/1998, che la realizzazione degli impianti di utilizzazione del CDR fosse subordinata alla sottoscrizione di un accordo di programma con le imprese vincitrici di gara. Tale ordinanza soppresse il c. V dell’art. 1 dell’ord. n. 2560/1997, che statuiva in merito alla valutazione di impatto ambientale degli impianti, nella considerazione che il dettato di quest’ultima disposizione non avrebbe potuto avere attuazione pratica, in presenza del potere di deroga per ragioni di urgenza attribuito al Commissario. Secondo la nuova ordinanza, non si parlava più di valutazione di impatto ambientale, ma veniva prevista per tali impianti una valutazione degli aspetti ambientali, che il Commissario straordinario poteva eseguire avvalendosi della Commissione V.I.A. del Ministero dell’ambiente. Con la medesima ordinanza, fu istituito un Comitato di rientro nella gestione ordinaria dei rifiuti.
ANNO 1999
Nel 1999 si procedette, con diverse ordinanze, alla proroga - oltre che dei poteri conferiti ai due Commissari straordinari - anche dei termini assegnati per lo svolgimento degli adempimenti affidati, nonché alla riconferma degli obiettivi e modalità circa la raccolta differenziata da attuarsi sul territorio regionale d’intesa con i Comuni.
Con l’ordinanza n. 2948/1999, fu stabilito che il Commissario delegato - Presidente della Regione realizzasse gli interventi per la produzione e l’utilizzo del combustibile derivato da rifiuti, assicurando la valutazione della compatibilità ambientale, che, però, venne ascritta in capo al Ministero dell’ambiente.
Con l’ordinanza n. 3011/1999, si stabilì che, in caso di valutazione negativa della compatibilità ambientale, il Commissario delegato–Presidente della Regione provvedesse alla rilocalizzazione, da sottoporsi a nuova valutazione della compatibilità ambientale.
ANN0 2000- 2001
Con le ordinanze nn. 3100/2000 e 3111/2001, nel riconfermare i poteri conferiti al Commissario delegato–Presidente della Regione ed al Prefetto di Napoli fino alla data di cessazione dell’emergenza, si dispose che i Prefetti delle Province della Campania attuassero quanto necessario per la gestione delle discariche esistenti, anche provvedendo all’ampliamento dei relativi volumi, nelle more del completamento degli impianti di produzione ed utilizzo del combustibile derivato dai rifiuti. Per i fini suddetti, e nella considerazione del progressivo aggravarsi della situazione igienico-sanitaria relativa allo smaltimento, i Prefetti, in deroga all’art. 13 del D.Lgs. n. 22/1997, furono tenuti ad individuare con urgenza siti idonei all’immediato conferimento e stoccaggio temporaneo dei RU. Per tali adempimenti, il Presidente della Regione Campania poté avvalersi di un Commissario vicario incaricato dei rapporti con le istituzioni, gli enti e la generalità dei soggetti rappresentativi di interessi sociali, oltre che del Vicecommissario e dei Subcommissari già precedentemente nominati.
Si evidenzia che la prima delle due ultime ordinanze citate fu oggetto di impugnativa, nella parte in cui attribuiva, in via generale, al Commissario per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania “l’esercizio delle funzioni amministrative relative alla gestione dei rifiuti. ”Il Consiglio di Stato, in appello,accolse il ricorso ed annullò in parte l’ordinanza di protezione civile n. 3100/2000.
ANNO 2003
A seguito di tale pronunciamento, fu emanato il decreto-legge 7 febbraio 2003, n. 15, convertito dalla legge 8 aprile 2003, n. 62 - recante, tra le altre, disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di emergenza ambientale - in cui, all’art. 1- ter, c. III, si dispose la conferma e la salvezza delle ordinanze di protezione civile e 151 art. 4, c. VII. 152 Sez. V, 13/11/2002, n. 6280. In senso conforme, anche Sez. V, 13/12/2002, n. 6809 dei conseguenti provvedimenti emanati in regime commissariale, sul territorio nazionale, inerenti alle situazioni di emergenza già decretate.
Con l’ordinanza n. 3286/2003, fu stabilito che il Commissario delegato–Presidente della Regione disponesse, anche mediante l’adeguamento della tariffa di conferimento dei rifiuti, ogni intervento che, nel funzionamento degli impianti di termovalorizzazione, garantisse, attraverso le soluzioni tecniche più idonee, la riduzione di emissioni, secondo quanto stabilito dalla direttiva comunitaria 2000/76/Ce, in fase di recepimento dalla legislazione nazionale. Inoltre, il Commissario doveva disporre l’esecuzione di tutti gli interventi utili al fine di ridurre il livello di alterazione ambientale nei Comuni sede di utilizzo del combustibile derivato dai rifiuti, predisponendo un apposito piano, previa intesa con il Ministero dell’ambiente. Per l’attuazione di tali interventi, il Commissario era tenuto ad attivare le procedure necessarie per il cofinanziamento comunitario.
ANNO 2004
In considerazione del perdurare dello stato di emergenza, nel corso del 2003, si procedette alla emanazione di un ulteriore provvedimento del Governo con il quale lo stesso fu rinnovato a tutto il 2004. Il provvedimento fu preso sulla base delle note del Presidente della Regione e del Prefetto di Napoli,con le quali si era evidenziato l’aggravamento del contesto emergenziale, in relazione all’intervenuta chiusura di alcune discariche, unitamente alla mancata realizzazione degli impianti di termovalorizzazione già previsti dal Piano; si erano poste in evidenza, inoltre, le interferenze delle autorità locali, attraverso l’esercizio del potere interdittivo dei Sindaci di molti Comuni che, adottando autonomamente provvedimenti con tingibili ed urgenti, avevano vanificato concretamente le azioni poste in essere dalle strutture commissariali.
Con D.P.C.M. 23 dicembre 2004, si procedette alla proroga dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti fino al 31 dicembre 2005.
Nel corso dell’anno 2004, si procedette, su specifica richiesta del Presidente della Regione Campania, alla nomina di un nuovo Commissario delegato per il superamento dell’emergenza nella persona di un funzionario di prefettura, al quale furono attribuiti tutti i poteri già previsti dalle precedenti ordinanze Quest’ultimo fu autorizzato:ad assicurare, in via eccezionale, lo smaltimento dei rifiuti non ricevuti dagli impianti di produzione di CDR, avviandoli verso impianti ubicati in altre Regioni; a definire un Piano straordinario di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti non ancora conferiti nell’ambito regionale, recante indicazioni sulla quantità e sulla natura dei rifiuti da smaltire in altre Regioni; ad assicurare il trasporto dei rifiuti avvalendosi di soggetti già convenzionati o da convenzionare; ad emettere provvedimenti finalizzati a consentire il differimento del termine di deposito del CDR nei siti di stoccaggio e la proroga dell’esercizio delle discariche attive, autorizzando l’apertura di quelle non più in esercizio, utilizzando ed ampliando le volumetrie residue; a definire un Piano finanziario di emergenza; ad assumere le iniziative più utili dirette all’individuazione, su base provinciale, di siti idonei allo stoccaggio dei rifiuti, assicurando, nella individuazione di questi ultimi, la più ampia comunicazione delle iniziative intraprese e acquisendo l’avviso di un’apposita Consulta costituita dal Presidente della Provincia e dai Sindaci dei territori interessati; ad adottare uno specifico programma finalizzato ad incentivare la raccolta differenziata.
ANNO 2005
Nel corso dell’anno 2005, fu emanato il decreto-legge 17 febbraio 2005, n. 14, convertito dalla legge n. 53 del 15 aprile 2005 recante Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania. Con tale provvedimento furono stabilite, fermi i poteri commissariali, norme circa l’accelerazione delle procedure di riscossione delle tariffe relative al conferimento dei rifiuti negli impianti di produzione di combustibili derivati da rifiuti a carico di Comuni, consorzi ed altri affidatari dei servizi di smaltimento, soprattutto con riferimento alle situazioni debitorie nei confronti del Commissario delegato e dei soggetti concessionari del servizio. Inoltre, con riferimento agli impianti di smaltimento esistenti, fu disposto che il Commissario autorizzasse le necessarie iniziative di adeguamento tecnico-funzionale degli impianti medesimi da parte dei soggetti affidatari e, nel caso di inadempienza da parte di questi ultimi, provvedesse in via sostitutiva, salve le azioni di rivalsa e le decisioni delle autorità giudiziarie competenti.
Con decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, fu prevista, tra le altre disposizioni, la proroga dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nelle Regioni interessate, compresa la Campania, fino al termine del 31 maggio 2006. Specificamente, con il suddetto provvedimento, furono adottate ulteriori “misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore rifiuti della Regione Campania”. Fu decretata, al fine di assicurare la regolarità del servizio di smaltimento dei rifiuti, la risoluzione dei contratti stipulati dal Commissario delegato con le affidatarie del servizio di smaltimento dei RU in regime di esclusiva nella Regione e l’assegnazione al Commissario del compito di provvedere, sulla base di procedure accelerate di evidenza comunitaria, all’individuazione di nuovi affidatari, oltre che alla definizione, sentiti gli altri organismi interessati, degli adeguamenti del Piano regionale dei rifiuti, al fine di incrementare i livelli di raccolta differenziata ed individuare soluzioni compatibili con le esigenze ambientali per i rifiuti accumulati nei siti di stoccaggio. Per le finalità predette fu autorizzata la spesa massima di 27 milioni di euro per l’anno 2005 e di 23 milioni per l’anno 2006.
La stessa norma istituì la Consulta regionale per la gestione dei rifiuti nella Regione Campania, presieduta dal Presidente della Regione e composta dai Presidenti delle Province, con compiti consultivi in ordine alla equilibrata localizzazione dei siti per le discariche e per lo stoccaggio dei rifiuti trattati, nonché degli impianti per il trattamento e la combustione dei rifiuti.
Con l’ordinanza 14 dicembre 2005 n. 3479, emanata a seguito dell’intervenuto decreto-legge n. 245/2005, oltre alla definizione di procedure di dettaglio circa l’attività commissariale in ordine alla risoluzione contrattuale con le società affidatarie, si procedette alla nomina di un soggetto attuatore, con l’incarico, fino alla cessazione dello stato di emergenza, di coordinare l’attività di gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti, affidata in via transitoria alle società cessanti, provvedendo, in particolare, ad emanare le direttive necessarie ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi indicati nella ordinanza medesima e più dettagliatamente: provvedere –previo accertamento da parte del Commissario delegato dello stato di conservazione e manutenzione degli impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti- affinché presso i 7 impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti fosse assicurata la verifica qualitativa e quantitativa dei flussi di rifiuti in ingresso e in uscita dagli impianti; garantire il graduale ripristino del funzionamento ordinario di tutti gli impianti a condizioni compatibili con lo stato delle attrezzature; garantire l’ottimizzazione gestionale degli impianti; predisporre, entro 20 giorni dall’entrata in vigore dell’ordinanza, un programma di iniziative che consentissero il miglioramento della qualità dei flussi dei rifiuti in uscita dagli impianti, compatibile con le tecnologie a disposizione e con lo stato di conservazione e manutenzione degli impianti di produzione di CDR.
Con successiva ord. n. 3481 del 29/12/2005, emanata al fine di porre in essere le iniziative di carattere straordinario ed urgente essenziali per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal decreto legge sopra citato, gli impianti di produzione di CDR furono autorizzati a svolgere attività di selezione, prevalentemente mediante tritovagliatura, di rifiuto urbano residuale da raccolta differenziata, compatibilmente alle loro limitate capacità tecniche.
ANNO 2006
Nella Gazzetta ufficiale n. 70 del 24/3/2006 fu pubblicata l’ord. n. 77 del 10/3/2006 del Commissario delegato, con la quale venne approvato l’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti predisposto ad opera del Commissario, previo recepimento delle osservazioni proposte dal Ministero dell’ambiente e delle modifiche richieste dalla Regione Campania, furono stabiliti ulteriori compiti affidati al Commissario, nella considerazione dell’ulteriore acuirsi della situazione emergenziale, dovuta anche all’impedimento dell’utilizzo di discariche collocate al di fuori del territorio regionale. Il Commissario fu tenuto ad individuare con urgenza le discariche presso le quali conferire i rifiuti, nonché disporre la messa in sicurezza delle discariche già utilizzate. Doveva, inoltre, predisporre un apposito Piano di sorveglianza e di controllo, al fine di garantire un adeguato livello di sicurezza igienico-ambientale.
Nel 2006, l’articolo 3 del decreto legge 9 ottobre 2006 n. 263, convertito nella legge 6 dicembre 2006, n 290 prevede al Comma 1 ter, che “ “ il Commissario delegato, d'intesa con la regione Campania e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le province ed i comuni interessati dall'emergenza, aggiorna il Piano regionale di gestione dei rifiuti, integrandolo con le misure e gli interventi previsti dalle norme del medesimo decreto . Per le attività di cui al presente comma il Commissario delegato si avvale delle strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile nonché del concorso delle amministrazioni e degli enti pubblici.
Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006,
N° 152A circa un mese dall’adozione dell’adeguamento del Piano, è stato emanato il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 contenente le norme in materia ambientale. Come noto detto provvedimento sostituisce il D.Lgs. 22/97 definendo compiutamente anche il settore dei rifiuti e indicando gli oneri a carico dei diversi enti coinvolti (Regione, Provincia, Autorità d’ambito, Comuni, ecc…). Ad oggi tale provvedimento normativo è in fase di riscrittura.
Le indicazioni in merito alla delimitazione degli ATO ed alla loro “attivazione” contenute nel citato adeguamento del Piano emanato con Ordinanza Commissariale n° 77/06, risultano compatibili con le norme di cui al D.Lgs. n° 152/06. Pertanto detto adeguamento risulta di fatto vigente e fondamentale per il ripristino delle condizioni di ordinarietà nel settore dello smaltimento dei rifiuti.
Il Decreto Legge 9 Ottobre 2006, N° 263
C
on decreto legge 9 ottobre 2006, n. 263, il Capo del Dipartimento della Protezione civile fu nominato Commissario delegato per il periodo necessario al superamento dell’emergenza e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2007 e furono ridefiniti alcuni aspetti della struttura commissariale e del servizio.Fu, così, stabilita una riduzione dell’organico dell’ufficio, la nomina di 3 nuovi Subcommissari, di cui uno con specifica competenza nel campo della raccolta dall'art. 9, c. V, dell'ord. n. 3100 del 22/12/2000, ai sensi dell'art. 5, c. IV, dell'ord. n. 3100 del 22/12/2000, ai sensi dell'art. 2, c. IV, dell'ord. n. 3286 del 9/5/2003, in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti effettuata fino alla data del 15/12/2005, possono essere compensati dal Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania, a seguito di apposita verifica contabile, con i debiti maturati a carico dei medesimi enti locali per il pagamento della tariffa di smaltimento dei rifiuti dovuta fino alla data del 15/12/2005 alle so società Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a.
Fu annullata la procedura di gara avviata per il nuovo affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti, stabilendosi la pubblicazione, a breve, di un ulteriore bando di gara. Nel frattempo, fu data la possibilità di affidamenti diretti della gestione dei rifiuti anche a soggetti diversi dalle attuali affidatarie del servizio. Per tali interventi, gli oneri gravano sulla tariffa regionale di smaltimento dei rifiuti.
L’articolo 3 del decreto legge 9 ottobre 2006 n° 263, convertito nella Legge 6 dicembre 2006, n° 290 prevede che, in relazione al sopravvenuto aggravamento del contesto emergenziale nel territorio della Campania, per l’attuazione degli obiettivi di cui al presente decreto relativi allo smaltimento dei rifiuti sulla base delle migliori tecnologie immediatamente disponibili, il Commissario delegato ridefinisce (omissis) le condizioni per l’affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania.
Conseguentemente è annullata la procedura di gara indetta dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania con propria ordinanza n° 281 del 2 agosto 2006. Ancora, al comma 1-ter del medesimo articolo è stabilito che fino all’individuazione dell’affidatario per lo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, il Commissario delegato, con le necessarie garanzie ambientali e sanitarie, individua in termini di somma urgenza (omissis), le soluzioni ottimali per lo smaltimento dei rifiuti e per l’eventuale smaltimento delle balle di rifiuti trattati dagli impianti di selezione dei rifiuti della regione nelle cave dimesse, abbandonate o già poste sotto sequestro con provvedimento dell’autorità giudiziaria (omissis) anche al fine della loro ricomposizione morfologica.
Con l’ordinanza 23 marzo 2006, n. 3506, fu disposto che il Gestore della rete di trasmissione nazionale del sistema elettrico (GRTN) fosse tenuto a stipulare, entro 60 giorni dalla sottoscrizione dei contratti di affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti alle nuove società aggiudicatarie, convenzioni per la cessione dell’energia elettrica prodotta dagli impianti, alle condizioni previste dalla delibera Cip 6 del 29 aprile 1992, con gli aggiudicatari del servizio. In aggiunta, fu stabilito che la Terna s.p.a. fosse tenuta a progettare ed eseguire, con oneri a carico degli affidatari, la linea di allacciamento tra l’impianto di produzione di energia mediante termovalorizzazione e la rete nazionale, nel termine di 24 mesi decorrenti dalla concessione delle autorizzazioni necessarie.
L’O.P.C.M. n. 3508 del 6/4/2006, recante Disposizioni urgenti di protezione civile, contiene, all’art. 6, disposizioni in merito all’emergenza connessa al settore idrico e bonifiche e, all’art. 13, disposizioni di attuazione del d.l. n. 245/2005, relativo alla risoluzione del contratto con Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a.
Tale ultima norma, di difficilissima lettura recita, che, al fine di garantire l'immediata attuazione del c. I dell'art. 2 del d.l. 30/11/2005, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla l. 27/1/2006, n. 21, evitando l'aggravio di procedure di riscossione finalizzate ad acquisire risorse altrimenti recuperabili con procedure compensative, i crediti vantati dai Comuni titolari di quote di ristoro ambientale ai sensi dell'art. 2, cc. IV e IV bis, dell'ord. n. 3032 del 21/12/1999, come modificato con ordinanza di protezione civile n. 3520 del 2 maggio 2006,169 a soli venti giorni dalla fine dell’emergenza, furono attribuite al Commissario una lunga serie di facoltà di deroghe al nuovo testo unico ambientale in materia di rifiuti.
Con D.P.C.M. del 1° giugno 2006, lo stato di emergenza fu prorogato fino al 31 gennaio 2007. Con ordinanza del Presidente del Consiglio 30 giugno 2006, n. 3529, fu assegnato un ulteriore contributo di 43 milioni di euro per lo sviluppo della raccolta differenziata. Inoltre, al Commissario delegato venne attribuito il potere di utilizzare cave dismesse e di proporre modifiche al Piano delle attività estrattive.
Venne anche stabilita la possibilità di aumentare le tariffe per i Comuni che non raggiungessero l’obiettivo del 35% di raccolta differenziata.
Anno 2007
Con D.P.C.M. 25 gennaio 2007, infine, lo stato di emergenza fu prorogato al 31 dicembre 2007.
La legge regionale n 4 del 28 marzo 2007 ” Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati “, agli artt. 10 e 13 “ procedure per l’adozione del piano regionale e relative procedure” prevede che “ la giunta regionale, sentita la conferenza permanente regione- autonomie locali e le autorità d’ambito, adottino la proposta di piano” prevede quindi la redazione del piano regionale con valenza triennale
L’art. 9 della Legge 5 luglio 2007, n. 87 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, recante interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti” prevede che all'art. 3 del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290, il comma 1-ter e' sostituito dal seguente: «1-ter. Il Commissario delegato adotta, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente comma, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti la Consulta regionale per la gestione dei rifiuti nella regione Campania e il Commissario per la bonifica, il Piano per la realizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti per la regione Campania. Il Piano prevede, in armonia con la legislazione comunitaria, le priorità delle azioni di prevenzione nella produzione, riutilizzo, riciclaggio del materiale, recupero di energia e smaltimento e contiene l'indicazione del numero e della rispettiva capacità produttiva degli impianti. Per la redazione del Piano di cui al presente comma il Commissario delegato si avvale delle strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile nonché del concorso delle amministrazioni e degli enti pubblici. Il Piano, oltre al conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata, assicura anche la piena tracciabilità del ciclo dei rifiuti, l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, metodi di trattamento biologico ed un elevato livello di tutela ambientale e sanitaria. Il Commissario delegato, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, assicura, nel limite massimo delle risorse disponibili per la gestione commissariale, l'individuazione di siti idonei per la realizzazione di impianti di compostaggio e la prevista messa a norma di almeno uno degli impianti esistenti di produzione di combustibile da rifiuti ai fini della produzione di combustibile da rifiuti di qualità e di frazione organica stabilizzata di qualità».
Con OPCM 3601 del 06/07/2007, a seguito delle dimissioni dall'incarico di commissario delegato, comunicate con nota del 18 maggio 2007, del Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si dispone tra l’altro che il prefetto di Napoli è nominato commissario delegato per il superamento dell'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. Per garantire un raccordo istituzionale tra i sub-commissari - presidenti della province della regione Campania finalizzato ad un progressivo rientro in un contesto di ordinarietà del servizio di smaltimento dei rifiuti il commissario delegato si avvale di tre soggetti attuatori.
2.5 EVOLUZIONE NORMATIVA ATTESA
Il Sesto Programma Comunitario di Azione per l'Ambiente individua varie misure finalizzate a ridurre gli impatti ambientali correlati all'uso delle risorse, tra cui “la strategia tematica sull’uso sostenibile delle risorse naturali” e “la strategia tematica per la prevenzione ed il riciclaggio dei rifiuti”.
Le due strategie, entrambe adottate dalla Commissione il 21 dicembre 2005, si propongono nel lungo periodo di promuovere, in sinergia tra loro, una società capace di riciclare e di diminuire la produzione dei rifiuti, mediante la prevenzione e l’uso sostenibile delle risorse.
In particolare “la strategia per la prevenzione ed il riciclo dei rifiuti” ha come meta di lungo periodo, la trasformazione dell’Europa in una società fondata sul riciclaggio. Per realizzare tale obiettivo e migliorare e razionalizzare la legislazione vigente, la Commissione ha presentato una nuova Proposta di Direttiva Quadro sui rifiuti ( COM. 2005/667/ del 21.12.05) che, in coerenza con gli interventi definiti nella strategia tematica sui rifiuti, affronta le problematiche connesse alla gestione dei rifiuti con un approccio nuovo ispirato ai principi del “life cycle thinking”.
In termini generali, la proposta nella sua versione originaria prevede:
la sostituzione dell'attuale direttiva sui rifiuti e l’abrogazione della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi, e della direttiva 75/439/CEE concernente l'eliminazione degli oli usati;
la semplificazione della normativa sui rifiuti - mediante il ricorso a definizioni più chiare e più precise;
la previsione di un obiettivo ambientale ;
la previsione di una procedura, applicabile a specifiche tipologie di rifiuti, intesa a precisare quando un rifiuto cessi di essere tale;
la definizione di norme minime, o procedure per stabilire norme minime, da applicare alle operazioni di gestione dei rifiuti;
l'elaborazione di programmi nazionali per la gestione dei rifiuti e di piani di prevenzione degli stessi.;
la possibilità di classificare gli inceneritori di rifiuti urbani indifferenziati come impianti di recupero (anziché di smaltimento) in presenza di un determinato livello di efficienza energetica individuabile tramite una specifica formula Alla luce di ciò è oggi oggetto di discussione una nuova proposta di ditettiva, elaborata dalla Presidenza nel Doc. n.10804/07 ADD1 del 20 giugno 2007, che propone alcune importanti novità rispetto alla proposta iniziale della Commissione .La prima differenza riguarda il campo di applicazione. La versione attuale individua tre differenti regimi di esclusione:
1. Il primo indica le ipotesi in cui la direttiva non si applica mai (effluenti gassosi, suoli non scavati contaminati ed edifici connessi in modo permanente con la terra; il terreno scavato non contaminato utilizzato allo stato naturale e presso il sito dal quale è stato scavato; rifiuti radioattivi; materiali esplosivi in disuso; materie fecali, paglia ed altri materiali non pericolosi derivanti dalla produzione agricola o forestale da utilizzare nell’attività agricola o per la produzione di energia da biomassa mediante il ricorso a procedimenti o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana);
2. Il secondo individua quelle categorie di rifiuti alle quali la proposta di direttiva non si applica solo in quanto già disciplinate da altra normativa comunitaria (acque reflue; sottoprodotti di origine animale disciplinati dal Regolamento 21774/2002; carcasse di animali morte smaltite in coerenza con il Regolamento 1774/2002 ed i rifiuti da estrazione disciplinati dalla direttiva 2006 /21/EC).
3. Il terzo si applica alla rilocazione dei sedimenti delle acque superficiali quando sono destinati a mitigare gli effetti della siccità e delle inondazioni e purché sia data prova della non pericolosità degli stessi.
Inoltre si rilevano le seguenti novità rispetto alla proposta originaria :
- l’introduzione di un articolo che disciplina le condizioni in base alle quali un residuo di produzione possa essere considerato un sottoprodotto non un rifiuto ;
- l’introduzione di un articolo che disciplina le condizioni in base alle quali un rifiuto cessa di essere tale (end of waste status);
- l’introduzione di un articolo dedicato alla responsabilità estesa del produttore e la previsione espressa, con riferimento ai costi connessi al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti, dell’applicazione del principio “ chi inquina paga”;
- l’introduzione di un articolo dedicato alla gerarchia dei rifiuti, considerata un “principio guida” nella prevenzione , nella gestione e nella politica dei rifiuti e la cui applicazione è resa flessibile dal possibilità riconosciuta agli Stati membri di scegliere, di volta in volta, le modalità di gestione che comportano il migliore risultato complessivo dal punto di vista ambientale, anche alla luce del “life cycle thinking”;
- l’applicazione del principio di autosufficienza anche con riferimento agli impianti di recupero dei rifiuti urbani indifferenziati e la possibilità riconosciuta a ciascuno Stato membro di limitare l’ingresso dei rifiuti destinati ad impianti di incenerimento classificabili come impianti di recupero, in deroga al Regolamento (EC) 1013/2006 sul Trasporto dei Rifiuti;
- l’introduzione di un articolo destinato alla disciplina dei rifiuti pericolosi prodotti dalle utenze domestiche;
- la definizione dei rifiuti biodegradabili (biowaste) , la raccolta differenziata degli stessi e la previsione che la Commissione opererà una valutazione sulla loro gestione in vista di una direttiva ad hoc sui rifiuti biodegradabili che la medesima Commissione si impegna a predisporre “il più presto possibile” una proposta legislativa;
- l’introduzione di un nuovo articolato volto a definire le ipotesi e le modalità di attivazione della proceduta di Comitato;
- la definizione dei contenuti dei piani di gestione dei rifiuti, distinguendo fra elementi obbligatori ed elementi facoltativi;
- l’introduzione, in corrispondenza di alcune voci degli Allegati I e II, di asterischi con la finalità di precisare nel dettaglio le operazioni comprese nella voce medesima.
Per quanto riguarda, invece, la parte relativa alle autorizzazioni, alle registrazioni, ai piani di gestione dei rifiuti ed ai programmi di prevenzione, le modifiche proposte non hanno natura sostanziale e rispondono prevalentemente ad esigenze di coerenza, razionalizzazione e semplificazione del testo originario.